Museo Civico Archeologico
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Le lucerne in terracotta e in bronzo rappresentano lo strumento di illuminazione più diffuso nel mondo romano a partire dal I secolo a.C. Sono costituite da un corpo principale che funge da serbatoio, da uno o più beccucci e talvolta da un manico. Attraverso il foro di alimentazione posto sul corpo, il serbatoio era riempito di olio o sego che bruciavano tramite uno stoppino in lino o canapa.
Gli esemplari in terracotta furono dapprima realizzati al tornio, poi prodotti in serie mediante l'utilizzo di matrici, con le anse e le decorazioni a rilievo applicate a parte. Di grande interesse dal punto di vista documentario è il ricco e vivace repertorio di immagini che decorano il disco, comprendenti divinità, simboli, spettacoli, animali, scene mitologiche, erotiche e di vita quotidiana.
Le lucerne in bronzo, la cui produzione precede quella delle lucerne fittili, erano considerate un bene di lusso destinato alle classi più agiate. La loro preziosità era legata al materiale utilizzato e ai problemi di fabbricazione: la matrice per lo stampo poteva infatti essere impiegata per un solo esemplare, e ciò determinava costi maggiori. Mentre negli esemplari fittili la decorazione si concentrava quasi esclusivamente sul disco, nelle lucerne in bronzo sono privilegiati l'ansa e talvolta il coperchio.
Le lucerne furono impiegate per illuminare i diversi ambienti della casa, le botteghe, i templi, le terme e i teatri. Furono inoltre spesso deposte nei corredi funebri, quali simboli di vita e guida per il defunto nel regno dei morti, oppure offerte in voto alle divinità o utilizzate come regalo augurale all'inizio dell'anno nuovo o, ancora, come omaggio fra innamorati.
Le lucerne romane vengono classificate in tipi in base alle variazioni della forma degli elementi che le costituiscono, ad esempio del corpo, della spalla e del beccuccio, utili anche per la definizione cronologica.