Museo Civico Archeologico
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Lo stato di conservazione della statua è purtroppo assai frammentario, ma è ugualmente possibile identificarne con sicurezza il soggetto: la dea Afrodite, che appena sorta dalle onde del mare, si stringe le chiome grondanti d'acqua; Anadiomene infatti deriva dal greco e significa colei che emerge.
Tale scena, dipinta dal grande pittore Apelle su una tavola conservata a Coo e poi trasferita da Augusto nel foro romano, ispirò numerose statue della dea, di cui si conoscono esemplari sia nella versione nuda che semi-panneggiata.
La replica di Bologna doveva essere coperta nella parte inferiore del corpo da una veste, come si deduce dall'avanzo di un lieve gradino visibile al margine inferiore della coscia destra.
Le forme della dea, allo stesso tempo delicate e sensuali, la curva del dorso, il ritmo obliquo delle spalle insieme alla sensibilità plastica dimostrata dallo scultore, fanno pensare ad una esecuzione dell'opera ancora nel corso del I secolo a.C.
La finezza dell'opera, ancor se deturpata dalle ampie lacune, suscitò l'ammirazione di Antonio Canova, il maggiore scultore neoclassico italiano, autore di numerose raffigurazioni della dea Venere.
Provenienza: Collezione Universitaria (già Marsili)
Datazione: I secolo a.C.
Materiale: marmo bianco a grana grossa
Dimensione: altezza cm 62
Numero di inventario: ROM 1920