Torino città industriale, Torino città operaia. Questo
binomio è stato spesso al centro della ricerca e della riflessione
storica, sulla base di un’immagine – ormai consolidata – che fa risalire
lo sviluppo urbano e sociale della città ai primi anni del Novecento,
nell’ambito di quella stagione di “decollo” che caratterizzò l’Italia
giolittiana. Fu allora, in effetti, che si affermò la grande industria
meccanica privata e che la sua classe operaia iniziò a imporre la
propria combattività e autonomia. E fu allora che, in relazione
a questo nuovo scenario, crebbe un movimento socialista moderno e consapevole
della propria forza.
Ma prima di questa fase, qual era la realtà della classe operaia
torinese, quale la consistenza del movimento socialista, quali i suoi protagonisti?
È possibile considerare le vicende del movimento operaio nell’Ottocento
solo alla stregua di una “preistoria”, da studiare essenzialmente come
antefatto e preparazione delle sue fasi più mature?
Questo volume, frutto di una ricerca pluriennale di livello universitario,
offre un’immagine in parte nuova della storia operaia di Torino, in cui
si intrecciano già strettamente le lotte sociali e il dibattito
del movimento socialista, e i cui protagonisti sono operai ed operaie delle
industrie tessili, muratori e disoccupati, addetti degli stabilimenti statali,
ma anche intellettuali e organizzatori delle Società di mutuo soccorso,
dirigenti della Camera del lavoro, anarchici «scapigliati»
e redattori di «gazzette operaie», democratici e repubblicani
delle diverse “scuole” e tendenze. Le vicende che vanno dagli scioperi
operai dell’estate del 1889 al Primo Maggio del 1891, alla costituzione
del Partito socialista, vi sono ricostruite con precisione, sulla scorta
di un’ampia documentazione d’archivio e di fonti a stampa. E la città,
alle soglie di quella che sarebbe poi stata chiamata «la crisi di
fine secolo», vi appare, sì, segnata da una profonda crisi
sociale, ma già aperta – nei suoi tratti essenziali – alla produzione
della fabbrica capitalistica e alla formazione di una classe operaia massificata,
che i gruppi dell’estrema sinistra tentano di organizzare e di rendere
visibili, rappresentandoli sul piano della lotta politica e istituzionale.
Già attraversata, in altre parole, da quei fermenti sociali e politici,
ma anche culturali, che ne avrebbero poi caratterizzato la più decisa
fase di sviluppo successiva e che in parte – si sostiene nel libro – ne
possono spiegare anche le contraddizioni e le incertezze.
Chiude il volume un saggio bibliografico – di respiro nazionale – sul
problema del rapporto tra lotte operaie e primo sviluppo capitalistico
in Italia, che presenta e discute i principali studi esistenti sull’argomento
(da quelli ormai considerati “classici” a quelli più recenti) e
indica nelle caratteristiche specifiche di quel rapporto una delle chiavi
di lettura decisive per capire natura e caratteri dell’Italia contemporanea.