1983
Il 1983 fu un anno di crescita per Dp, crescita sia organizzativa che
di consensi, culminata con il ritorno in parlamento.
Fu un anno di intensa attività nella vita interna del partito,
caratterizzata dall’elaborazione delle proprie proposte politiche e non
più soltanto dalla necessità di "resistere" all’offensiva
democristiana e padronale, che era riuscita a chiudere il ciclo di lotte
iniziato alla fine degli anni sessanta.
Uno degli elementi principali della nuova cultura politica era l’ecologia.
Si trattava di una questione centrale, su cui emergeranno in Dp due visioni
al congresso di Riva del Garda del 1988, e su cui Dp subirà nel
1989 la scissione "arcobaleno". Questi fatti indicano che il modo di concepire
l’ecologia non fu certo univoco all’interno del partito, ma visioni differenti
andranno affermandosi dopo il congresso di Palermo.Fino ad allora, invece,
comune a tutto il partito era l’idea di coniugare lotte operaie e lotte
ecologiste. A Milano, dall’11 al 13 marzo, si tenne il convegno nazionale
"Nuova ecologia e nuova sinistra: una nuova ecologia per l’alternativa
ad uno sviluppo che produce distruzione dell’ambiente e della natura, che
porta disoccupazione e povertà ed enormi spese per il riarmo nucleare".
Obiettivo del convegno era far diventare le tematiche ambientali ed energetiche
un momento centrale delle riflessioni sul modello di sviluppo considerato
globalmente per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse, la struttura
dei consumi e l’organizzazione dei rapporti sociali. Si affermava la connessione
fra ambiente, modo di produzione e struttura sociale capitalistica, per
arrivare alla proposta di connessione tra movimenti ecologisti e fabbrica.
Affermava Edo Ronchi nella relazione introduttiva: "Si considera il discorso
ambientalista o quello per un’alternativa energetica che privilegi le fonti
rinnovabili come un "lusso" utopistico, in un momento come quello attuale
di violenta pressione padronale. A determinare questo clima sono state
e sono decisive le scelte politiche dei partiti di sinistra: in particolare
il Pci ha assunto fino in fondo il compito di forza che si candida per
riqualificare e rilanciare il meccanismo di sviluppo e di accettare il
nucleare come banco di prova delle capacità di governo della sinistra
sul terreno delle tecnologie avanzate, identificando così ancora
una volta le tecnologie "dure", su cui il capitale punta, come il terreno
del progresso su cui la sinistra deve impegnarsi senza riserve. Se queste
divaricazioni si approfondiscono si può cristallizzare una contrapposizione
pericolosa: da una parte si arriverebbe a concepire l’operaio come un nemico
o al più una figura sorpassata incapace di contribuire ai nuovi
assetti sociali; dall’altra si consoliderebbe una linea di appiattimento
e addirittura di sostegno attivo alle politiche energetiche padronali e
una passiva sottovalutazione delle tematiche ambientali […] I compagni
di Dp hanno sempre sostenuto la necessità di mettere a confronto
le diverse esperienze e elaborazioni presenti nel movimento operaio e in
quello energetico-ambientalista".
Da dove aveva origine l’attenzione di Dp all’ecologia e all’energia?
Essa costituiva una novità rispetto alla sinistra storica, tradizionalmente
"produttivista" e "industrialista", ed era una novità anche rispetto
alle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria, che consideravano l’ecologia
un "lusso", quando non un inganno borghese. Probabilmente l’attenzione
all’ecologia derivava da alcune tematiche di critica radicale del movimento
del ‘77, oltre che alla questione dell’uso militare del nucleare. Affermava
sempre Ronchi nella relazione: "La critica della politica, del suo machiavellismo
e della sua separatezza, unita alla ricerca di una politica rivoluzionaria
non solo nei fini ma anche nelle forme e nei mezzi di controllo e di protagonismo,
diffusi e dal basso; la critica dello statalismo, non solo come lotta alla
democrazia autoritaria, ma come rifiuto del monopolio del sistema dei partiti
e affermazione del primato del sociale e della sua autorganizzazione; il
rifiuto del primato dell’economia e delle sue presunte compatibilità
obiettive che finiscono sempre col difendere il privilegio dei pochi; la
ricerca e la pratica di nuovi valori in aperta rottura con quelli dominanti:
questi sono un po’ i contenuti di fondo comuni ai nuovi conflitti e movimenti
di questi anni".
Nodo centrale del discorso di Dp sull’energia era la questione nucleare,
sia civile che militare. Il 7 maggio a Roma si svolse il convegno "Energia
nucleare e armi atomiche", che vide la presenza, oltre a Ronchi, responsabile
del dipartimento ambiente, e Semenzato, responsabile del settore problemi
della pace, di docenti come Massimo Scalia, Gianni Mattioli, e di ricercatori
come Giorgio Cortellessa. Dp non considerava l’ecologia e il pacifismo
come questioni che si aggiungevano ai tradizionali campi d’intervento della
nuova sinistra (lavoro, scuola e università, internazionalismo),
ma come aspetti della critica al modello di sviluppo capitalistico. Il
momento forse più indicativo di questo fu il convegno del 26 febbraio
"Costo del capitalismo: ipotesi di un programma per l’alternativa, dal
recupero all’utilizzo sociale delle risorse". Dp cercava di rendere evidente
il nesso ecopacifismo-lotte operaie con iniziative di lotta, come il sostegno
ad Alessandro Rossini, ingegnere "obiettore di coscienza" al nucleare,
licenziato da un’azienda del gruppo Ansaldo per la sua decisione di volersi
occupare di fonti alternative anziché di nucleare. Il nesso che
legava ecologia e pacifismo era l’opposizione al riarmo nucleare, che prevedeva
per l’Italia l’installazione dei missili Cruise a Comiso, in Sicilia. Dp
partecipò attivamente al movimento per la pace, sia a Comiso che
in tutte le città italiane. Il 19 marzo si tenne la manifestazione
nazionale del movimento pacifista sulla piattaforma "no a Comiso, congelamento
della spesa per armamenti, abolizione del segreto militare sul commercio
delle armi, riconversione". Dp aggiungeva le sue proposte al movimento
per la pace: disarmo unilaterale, non allineamento e autodeterminazione
dei popoli, nonviolenza, struttura autonoma e democratica del movimento,
uscita dalla Nato, rapporto con il movimento ecologista, in particolare
antinucleare. Dp fu presente un po’ in tutte le iniziative del movimento
pacifista, tra cui il referendum autogestito sui missili. Dal 14 al 16
novembre si svolse il dibattito parlamentare sui missili, dove Dp presentò
una propria mozione, contro l’installazione dei missili in Italia, mentre
la mozione del Pci si limitava a chiedere il prolungamento per un anno
del negoziato di Ginevra. Forte fu la polemica col Pci durante tutto il
movimento pacifista: Dp criticava il fatto che il Pci non chiedesse l’uscita
dell’Italia dalla Nato e l’utilizzo strumentale del movimento pacifista.
In settembre si tenne un seminario della direzione nazionale sulla pace
e il disarmo.La relazione introduttiva venne tenuta da Semenzato che affermava:
1. sul terreno delle risorse bisogna ricercare un altro sviluppo alternativo
("con lo strangolamento finanziario e con la minaccia dei cannoni si impongono
modelli di agricoltura e di sviluppo industriale che producono ricchezza
per le multinazionali e fame per i popoli […] il modello capitalistico
dimostra di non saper portare alcuna prosperità al Sud del mondo,
ma anzi si sta accentuando la divaricazione tra Nord e Sud");
2. occorre dunque battersi contro l’equilibrio del terrore per contrastare
il modello di sviluppo capitalistico;
3. infine la questione dell’opposizione all’intervento italiano in
Libano.
Il 4 novembre, anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale,
tradizionale giornata di lotta pacifista, Dp organizzò iniziative
in varie città, con le parole d’ordine "meno armi, più posti
di lavoro, contro l’industria di guerra, per la riconversione in industria
civile, per favorire la pace, lo sviluppo e l’occupazione".
La politica estera di Dp era improntata al disarmo unilaterale e, accanto
al tradizionale sostegno ai movimenti di guerriglia e alle forme di lotta
armata dei popoli del Terzo mondo, si affiancava la lotta nonviolenta.
Significativo fu l’impegno per il ritiro delle truppe italiane dal
Libano: Dp denunciava il fatto che i soldati in Libano non fossero volontari,
e alcuni fossero obbligati a partire nonostante si rifiutassero di farlo.Soprattutto
esprimeva la preoccupazione che il contingente italiano non fosse al di
sopra delle parti, ma a fianco del governo Gemayel. Il governo italiano
aveva firmato due accordi: uno il 19 agosto per cui gli italiani andavano
in Libano per "assicurare l’incolumità fisica dei palestinesi in
partenza da Beirut" per una missione di un mese, e l’altro il 29 settembre
per cui lo scopo della missione italiana diventava "ristabilire la autorità
e sovranità del governo nella zona di Beirut, assistendo il governo
e le forze armate".
Le nuove tematiche ecopacifiste si affiancavano all’impegno nel mondo
del lavoro, dove Dp aveva acquisito un certo credito tra settori operai
in seguito al referendum sulle liquidazioni. Anche nel corso del 1983 Dp
sostenne la resistenza operaia, affermando il proprio no all’accordo sul
costo del lavoro del 22 gennaio tra sindacati-governo-Confindustria. Il
giudizio di Dp sull’accordo fu drastico: si trattava di sacrifici a senso
unico, che colpivano solo il costo del lavoro, mentre si dimenticavano
l’evasione fiscale e l’evasione dei contributi Inps. Secondo il giudizio
di Franco Calamida, responsabile del dipartimento lavoro nazionale, l’accordo
comportava un forte attacco al salario reale, sia in busta paga che in
salario sociale. Dp polemizzava contro il sindacato, non più "gestore
della mediazione, ma sindacato istituzionale, cogestore della crisi, liquidatore
del sindacato dei consigli, e più in generale del sindacalismo partecipato
nel protagonismo dei lavoratori, quale si è espresso negli anni
settanta". Dp contrastò il sindacato anche nell’ottobre, in occasione
della consultazione sulla scala mobile, quando Dp presentò alle
assemblee di fabbrica una mozione alternativa, che giudicava negativamente
l’accordo sul costo del lavoro e ribadiva la necessità di difendere
la scala mobile.
Anche in quell’occasione Dp polemizzò col sindacato riguardo
alla democrazia interna, definita "una farsa".
Sul terreno economico Dp non si limitava alle lotte di resistenza,
come appunto quelle contro l’accordo del 22 gennaio e sulla scala mobile,
ma avanzava tre proposte "per rompere il cerchio dei privilegi fiscali,
per la difesa dei redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati".
Tali proposte riguardavano l’organizzazione di un nuovo sistema fiscale
per lavoratori e pensionati, con un nuovo calcolo dell’Irpef, il funzionamento
dei consigli tributari, l’istituzione di imposte alternative come la patrimoniale.
Accanto alle tradizionali tematiche del lavoro e alle nuove tematiche
ecopacifiste, si cominciò a porre l’attenzione su un’altra tematica
nuova: il federalismo per le "nazionalità minoritarie" all’interno
dello stato italiano. Nel 1983 si svolsero i congressi dei partiti federati:
Dp del Trentino e Dp del Friuli, partiti "nazionali" federati a Dp "italiana".
Si trattava di una innovazione rispetto ai partiti della sinistra storica
e anche rispetto alle organizzazioni della nuova sinistra.
In vista delle elezioni del 26 giugno, Dp lanciò una campagna
di massa con l’assemblea dei delegati di Milano del 3 maggio sulle "quattro
emergenze proletarie": disarmo e pace, contro la disoccupazione e per i
servizi sociali, per la difesa dell’ambiente, per la difesa della democrazia.
Dp si presentò alle elezioni come forza radicalmente alternativa,
con lo slogan "con questa sinistra la Dc governa per altri 30 anni, votare
Dp per cambiare davvero".
Le proposte di Dp erano: ridurre l’orario di lavoro, salario minimo
garantito, lottare contro la disoccupazione, che è l’effetto delle
scelte della Confindustria, contro la vergogna e l’iniquità del
sistema fiscale che tartassa lavoratori e pensionati, favorisce l’evasione,
per il disarmo unilaterale, no ai missili a Comiso, no alle spese militari,
contro le centrali nucleari, contro l’inquinamento e il dissesto del territorio.
Alle elezioni Dp registrò un buon successo (547.000 voti, pari
all’1,5%), rientrando così in parlamento con 7 deputati (Capanna,
Gorla, Calamida, Pollice, F. Russo, Ronchi e Tamino).
Si afferma l’identità di Dp come il partito italiano più
di sinistra, contrario a ogni compromesso, al contrario del Pci, e perciò
radicalmente alternativo. Questa identità e queste differenze col
Pci sono affermate dallo stesso Capanna nel suo intervento al congresso
del Pci, dove critica i troppi compromessi fatti dal maggiore partito della
sinistra, sia sul terreno della pace, dove per Capanna bisognerebbe lottare
senza incertezze contro il terrore atomico e quindi per il disarmo unilaterale
e per l’uscita dalla Nato, sia sul terreno della politica economica, dove,
afferma Capanna, si è arrivati al pessimo accordo del 22 gennaio
perché era stato impedito il referendum sulle liquidazioni l’anno
precedente.
Dp si caratterizza sempre più nettamente come il partito della
coerenza a sinistra. Come afferma la mozione della direzione nazionale
del 17 e 18 dicembre, la situazione attuale è caratterizzata dall’offensiva
reaganiana, guidata in Italia dal Psi ("che esprime oggi organicamente
un progetto politico di stampo reaganiano"). Caratteristiche di questa
offensiva sono "l’uso della forza nei conflitti interni e internazionali
(leggi eccezionali, progressivo svuotamento degli strumenti di controllo
popolare e istituzionale attraverso la concentrazione di poteri nell’esecutivo,
trasferimento dei diritti individuali ai soggetti corporati, progressivo
contenimento del conflitto sociale, attraverso vincoli all’esercizio del
diritto di sciopero). Di fronte a questa offensiva, il Pci "non riesce
a fare una vera opposizione perché questa richiede un progetto,
un programma. È un limite insito anche nella sua cultura statalista
che situa le scelte politiche nella sfera del comando e non nei processi
di mobilitazione e conflitto sociale", oggi bisogna affrontare "domande
come l’ambiente, la salute, la pace, la qualità della vita, la stessa
democrazia".
Dp si esprimeva per la difesa e la qualificazione dei servizi sociali,
oggetto dei tagli del governo Craxi, soprattutto i servizi sanitari. Dp
si opponeva all’introduzione dei ticket, considerandoli una tassa sulla
salute poiché le entrate dei contributi sociali di malattia, versate
per la maggior parte da lavoratori dipendenti, bastavano a finanziare il
servizio sanitario nazionale, e proponendo una riqualificazione e un riorientamento
dei servizi sanitari nel senso di favorire la prevenzione anziché
la medicalizzazione.
Sempre nel campo dei diritti sociali, rilevante fu l’attività
di Dp nel campo della casa, sia l’attività di riflessione che l’organizzazione
di lotte per la casa in diverse città italiane. Dp si opponeva alle
proposte del ministro Nicolazzi sulla riforma dell’equo canone e fu, insieme
all’Unione inquilini ed ai Comitati di lotta per la casa di Roma, promotrice
della manifestazione nazionale del 21 maggio "per il diritto alla casa,
per l’obbligo ad affittare, per il recupero urbano, contro l’aumento degli
affitti". Le posizioni di Dp sulla casa erano per "il controllo pubblico
delle aree e delle trasformazioni urbanistiche, per rilanciare l’edilizia
pubblica". A Rimini il 5-6 marzo si svolse il seminario nazionale di Dp
sulla casa, introdotto da Fabio Alberti, dove si rilanciavano le proposte
di equo canone, recupero urbano, edilizia pubblica, autocostruzione.
Nel 1983 l’attività di Dp riguardava anche il terreno della
riflessione teorica sulla crisi del marxismo. In occasione del centenario
della morte di Marx, Dp organizzò il convegno "Cent’anni dopo Marx",
con buon successo di pubblico e una qualificata presenza di relatori. La
relazione introduttiva venne tenuta da Emilio Agazzi il quale, a proposito
della crisi del marxismo, sosteneva che, in realtà, in crisi fosse
il capitalismo, e che si stesse assistendo a "una sconfessione di tutto
lo sviluppo ottocentesco e novecentesco, collegato all’idea di progresso
[…] ci si ritrova davanti al dilemma enunciato da Rosa Luxemburg: socialismo
o barbarie". Gli atti del convegno saranno in seguito pubblicati sul primo
numero della rivista teorica Marx centouno, promossa da Dp. Inoltre nel
1983 esce il nuovo mensile Democrazia proletaria, dopo tre numeri zero
con la testata Lavoratori oggi, usciti tra il 1982 e il 1983.
Non manca, nel corso del 1983, l’impegno su questioni su cui Dp si
era fortemente impegnata negli anni precedenti, come il garantismo. Alla
ripresa autunnale dell’attività parlamentare, i deputati di Dp presentano
una proposta di legge sulla carcerazione preventiva, per ridurne i termini
(allora i detenuti in stato di carcerazione preventiva erano 27mila su
una popolazione carceraria di 40mila).
1984
Nel 1984 si svolse, dal 7 al 14 febbraio a Roma, il quarto congresso
nazionale. È un congresso di "stabilizzazione" della linea politica,
dove si conferma la volontà di Dp di essere partito coerentemente
di sinistra a fronte dell’offensiva conservatrice che non trova una valida
resistenza nel Pci. La mozione finale afferma la necessità di "allargare
il fronte di mobilitazione e di lotta contro i gravi e crescenti pericoli
e attacchi che subiscono la pace, le condizioni di vita popolari, l’ambiente,
la democrazia, contro la pesantezza e la globalità dell’attacco
reaganiano, in Italia rappresentato dai partiti dell’attuale maggioranza
di governo, all’insieme delle conquiste democratiche, economiche e sociali
dei lavoratori e alla pace. Negli ultimi mesi quest’attacco ha subito una
brusca accelerazione a seguito della politica del governo Craxi. Si è
assistito infatti all’installazione dei missili Cruise a Comiso, all’approvazione
di un bilancio dello stato tutto centrato sul taglio della spesa sociale
(sanità, casa, pensioni, occupazione) e sullo svuotamento conseguente
delle autonomie locali, all’attacco demolitore della scala mobile; ad attacchi
continui alle garanzie democratiche e all’autonomia della magistratura,
e quindi ai cardini dello stato di diritto, a nuovi record arroganti nella
lottizzazione delle imprese pubbliche, a nuovi arroganti attacchi a quei
settori della stampa che denunciano il malcostume e la corruzione dei partiti
di governo, al rifacimento del concordato, al condono dello scempio edilizio
del paese e al varo di una serie di proposte di legge che prevedono nuovi
massicci trasferimenti di reddito dal salario e dallo stato ai ceti della
proprietà urbana e fondiaria, mentre incombono milioni di sfratti
e prosegue l’espulsione dei proletari e dei pensionati verso periferie
inospitali".
Vi furono inoltre due mozioni integrative della mozione conclusiva,
una sulla casa presentata da Simoni a nome della commissione casa e urbanistica,
la seconda sulla pace presentata da Semenzato.La prima proponeva campagne
di massa per il censimento popolare degli alloggi sfitti, una energica
pressione sugli enti locali per la requisizione, l’organizzazione della
lotta di sfrattati e senza casa.La seconda proponeva di saldare il movimento
pacifista con il movimento operaio. Vi furono altre mozioni "di solidarietà"
sul Cile, sul Guatemala, ai lavoratori dell’Alluminio Italia di Porto Marghera,
dell’Om di Brescia, di saluto al movimento dei consigli. Tra i vari ordini
del giorno, suscitò dibattito quello sulla morte di Andropov, poiché
non si trattava certo del solito messaggio di formale cordoglio. Infatti
così si esprimeva l’ordine del giorno: "Con Andropov muore il rappresentante
di un regime oppressivo all’interno e aggressivo all’esterno delle proprie
frontiere: anche in questa occasione la nostra solidarietà va a
tutti coloro che nell’Unione Sovietica e negli altri paesi dell’Est si
battono per il socialismo e per la libertà".
Venne eletta una direzione nazionale di 60 persone, che a sua volta
il 18 febbraio elesse la segreteria nazionale composta da Capanna, Molinari,
Pollice, Russo Spena, Saccoman, Semenzato, Tosi. Capanna venne eletto segretario
nazionale. In seguito, la direzione nazionale del 16 luglio muta la composizione
della segreteria: entrano Patrizia Arnaboldi, Saverio Ferrari, Massimo
Gorla, Michele Nardelli, Giulio Russo, Luigi Vinci. Escono Molinari, che
all’impegno di consigliere regionale lombardo aggiunge la carica di parlamentare
europeo, Pollice, impegnato nel lavoro del gruppo parlamentare, e Tosi,
che rafforza le strutture del partito in Veneto.
Dalla primavera all’estate, Dp è impegnata in una campagna di
massa che consiste nelle raccolta di firme su tre proposte di legge di
iniziativa popolare: per la pace, per il diritto alla casa, per l’equità
fiscale, La proposta viene lanciata dall’assemblea dei delegati del 10
marzo, ed in settembre saranno state raccolte 50.000 firme. La proposta
sui missili vuole dare ai cittadini il diritto di pronunciarsi sul tema
della pace, quella sul fisco "vuole garantire una maggiore equità
ai lavoratori che si trovano oggi a sopportare un crescente prelievo per
effetto del drenaggio fiscale, attraverso detrazioni documentate delle
spese essenziali dall’imponibile, in sostituzione dell’attuale detrazione
fissa dell’imposta", la proposta sulla casa "intende regolare la dinamica
dell’equo canone assicurando nel contempo la effettiva disponibilità
degli alloggi e la giusta causa negli sfratti".
Sempre sulla casa, dopo le lotte organizzate da Dp e dall’Unione inquilini,
è ormai patrimonio del partito considerare la casa come un "diritto
sociale", perciò Dp si oppone alle proposte di Nicolazzi di modifica
dell’equo canone tendenti a considerare la casa non come un bene sociale
ma come un qualsiasi altro bene di mercato.
Il 1984 fu un anno di mobilitazione operaia, dei "consigli autoconvocati"
per difendere la scala mobile e per opporsi al decreto con cui il governo
Craxi tagliava la scala mobile. Dp affermava che il decreto era una sfida
ai lavoratori, non serviva a combattere l’inflazione, ma solo a trasferire
risorse dai salari ai profitti e denunciava l’atteggiamento "oscillante,
compromissorio e contraddittorio" (in questi termini lo definisce Capanna
in una lettera aperta a Berlinguer) del Pci, poiché non sostiene
la richiesta di uno sciopero generale e ha garantito il numero legale in
parlamento, consentendo che il governo ottenesse la fiducia.
La posizione di Dp sulla politica del Pci e del sindacato, giudicata
debole e inadeguata a rispondere all’attacco governativo, viene da lontano,
viene dalla critica alla "moderazione salariale proposta all’Eur come elemento
di scambio all’interno di un ‘patto fra produttori’, recentemente riproposto
dal Pci alla Confindustria, nel quadro di una illusoria modernizzazione
del sistema capitalistico italiano, ha invece consentito al padronato di
preparare indisturbato il suo piano di riscossa antioperaia, a partire
dai giorni della Fiat, costituendo attorno a esso un nuovo blocco d’ordine,
indebolendo la capacità di lotta del movimento, accentuando l’effetto
dei meccanismi concorrenziali sul salario, la flessibilità e la
selezione occupazionale, per giungere così a segmentare e far arretrare
fortemente la coscienza stessa dei lavoratori" (da un documento della segreteria
nazionale di settembre). Inizia a mutare la posizione di Dp sul sindacato:
fin dalle sue origini, Dp aveva sostenuto e promosso l’intervento nel sindacato,
considerato un terreno per le campagne di massa, ma ora vede la necessità
di organizzare una nuova componente nella Cgil. Il 16-18 novembre ad Ariccia
nascerà una nuova componente della Cgil, Democrazia consiliare,
che fin dal nome esprime l’esigenza di contrapporre al modello corporativo-autoritario
delle confederazioni, quello solidaristico-democratico dei consigli autoconvocati.
Nella battaglia contro i tagli alla spesa sociale, Dp riesce anche
a ottenere alcuni piccoli successi nelle votazioni sulla finanziaria, riuscendo
a fare approvare due emendamenti: con il primo si stanziavano 227 miliardi
per l’aumento delle pensioni di guerra per invalidi civili e militari,
pensioni dotate di un sistema di indicizzazione del tutto carente, col
secondo si determina l’assunzione di alcune migliaia di insegnanti e condizioni
migliori per gli handicappati a scuola.
Molto intensa, nel corso dell’anno, l’attività sul versante
dell’ecologia, che non si esaurisce in convegni e riflessioni interne,
ma si esprime nella promozione e nell’appoggio alle lotte contro le centrali
nucleari e le megacentrali a carbone. A Latina il 13 luglio Dp promuove
un convegno contro le centrali nucleari e a carbone, a cui partecipano
quasi tutte le realtà di lotta contro l’insediamento delle centrali
nucleari e a carbone: militanti di Dp e militanti ecologisti di Manduria,
Avetrana, Viadana, Latina e del Garigliano, dell’Emilia e della Toscana
in lotta contro le centrali del Brasimone e quella a carbone di Ravenna,
oltre al comitato piemontese per il controllo delle scelte energetiche.
Dp presenta alla camera una proposta di legge per "l’eliminazione del
piombo dalle benzine e per l’abbattimento delle sostanze inquinanti dagli
scarichi degli autoveicoli", e un’altra sulle norme e procedure per la
valutazione dell’impatto ambientale. Dp organizza inoltre lotte in alcune
delle maggiori città italiane dove è sentito il problema
dell’inquinamento nei centri storici, come a Bologna, dove proprio nel
1984 il Comune indice un referendum consultivo per la chiusura del centro
storico.
Tra gli altri aspetti della situazione ambientale viene considerata
anche la legge Merli a otto anni dall’entrata in vigore e a un anno dalla
applicazione dei limiti di accettabilità degli scarichi idrici delle
industrie. Dp avanza proposte per un suo miglioramento: il ciclo integrato
dell’acqua, una depurazione effettiva ed efficace, norme che regolino il
risarcimento dei danni.
Per quanto riguarda il dibattito teorico sull’ambientalismo, si conferma
l’impostazione elaborata negli anni precedenti: al centro del discorso
sull’ambiente è il nodo della qualità dello sviluppo, si
riafferma l’esistenza di un rapporto tra ecologia e marxismo e il "carattere
non settoriale dell’approccio ecologista" (come afferma Ronchi all’attivo
del dipartimento ambiente dell’11 marzo a Milano).
Dal 1984, in Dp riprende l’attenzione verso il mondo cattolico, soprattutto
in relazione al dibattito sulla teologia della liberazione, affermatasi
in America latina e concretizzatasi nell’attenzione di molti uomini di
chiesa latinoamericani alle ragioni dei poveri, e nell’esperienza nicaraguense,
dove la chiesa è divisa tra un’ala conservatrice e un’ala di base
che appoggia la rivoluzione sandinista, partecipando anche direttamente
al governo. Il Vaticano condanna l’impegno politico dei sacerdoti e in
settembre condanna il teologo Leonardo Boff.
Jervolino affermava che "la chiesa di papa Woityla, pur criticando
i regimi dell’Est, si comporta come l’Urss, che non tollera il dissenso
interno". La teologia della liberazione, accanto a valori quali la pace,
l’ecologia, la nonviolenza, diventerà patrimonio di Dp, come sarà
sancito anche da successivi documenti congressuali.
Nel 1984, dopo una lunga assenza, riprendono l’iniziativa le compagne
di Dp. Il 14-15 luglio si tenne una riunione nazionale delle compagne,
nella quale si affermava che "le compagne si sono lasciate trascinare nel
vortice dei temi sollecitati in modo scadenzato e continuo da parte del
partito, senza fermarsi un attimo a considerare il loro ruolo dentro questa
struttura; ciò ha finito col cancellare spesso la loro specificità".
La critica alla forma-partito e ai tempi e ai modi "maschili" della politica
prosegue il 15-16 settembre a Milano, dove si tiene un’altra riunione nazionale
delle compagne, in cui "è apparsa la consapevolezza di porsi come
soggetto politico complessivo del partito che presenta strutture tradizionali,
in cui troviamo difficoltà a esprimere i nostri contenuti". Nella
riunione vengono individuati due terreni prioritari di iniziativa: lavoro
(e non lavoro) e legislazione (aborto, divorzio, violenza, legge sulla
parità).
Uno dei perni della politica pacifista di Dp è la sua opposizione
alla Nato, considerata, diversamente dal Pci, come una organizzazione aggressiva.
Il 19 e 20 maggio a Rimini si svolge il convegno nazionale sulla Nato,
introdotto da una relazione di Semenzato dal titolo "Disarmo unilaterale,
uscita dalla Nato, neutralismo attivo, difesa popolare, nuova cooperazione:
i cardini di una reale politica di sicurezza" e da un relazione di Edo
Ronchi su "Le strategie nucleari e convenzionali della Nato".Intervengono
inoltre Andrea Rivas (del Cespi) su "le conseguenze del militarismo Usa
sullo sviluppo economico del Terzo mondo", Domenico Gallo su "L’evoluzione
istituzionale della Nato: dall’origine col trattato del Nord Atlantico
al dispiegamento degli euromissili", un membro delle commissioni anti-Nato
su "La presenza della Nato nel Mediterraneo".
La Nato viene vista come uno strumento di aggressione, finalizzato
a mantenere un equilibrio del terrore tra Est e Ovest e aggressivo verso
il Sud del mondo. Dp contesta alla radice la Nato, criticando il concetto
di equilibrio del terrore e riproponendo il disarmo unilaterale. In aggiunta
a questa critica all’equilibrio del terrore Est-Ovest, si considera la
Nato uno strumento di aggressione contro i paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
Secondo Dp la politica estera italiana pratica un’imperialismo straccione,
rispondente al ruolo assegnato all’Italia dalla Nato, di "contenimento"
delle volontà di rivolta dei paesi arabi. Perciò Dp critica
la spedizione italiana nel Mar Rosso, perché, come dichiara Capanna,
"in questo modo l’Italia, dopo la spedizione in Libano, viene sempre più
spinta ad assumere e svolgere il ruolo di netturbino militare dell’area
mediorientale per conto degli Usa".
Alle elezioni europee di giugno Dp ottiene 497.182 voti, pari all’1,4%
e un seggio nella circoscrizione Nord-Ovest. Il giudizio politico della
segreteria nazionale sulle elezioni è positivo perché "i
governi di ferro ne escono sconfitti ovunque, dalla Gran Bretagna all’Italia,
dalla Germania al Belgio. La sinistra di opposizione si rafforza ovunque,
in particolare i verdi tedeschi, i laburisti britannici, i movimenti verdi
e pacifisti della nuova sinistra e dei socialisti in Danimarca, Belgio,
Olanda, Lussemburgo […] In Italia soprattutto va rimarcata la sconfitta
del craxismo, ovvero del tentativo sino a oggi più organico di unire
alle politiche antioperaie e antisociali del reaganismo internazionale
l’attacco alle libertà democratiche e alla costituzione". Per Dp
"il risultato elettorale non è premiante, anche se raddoppia il
risultato del 1979, rimane però ferma a quello del 1983 […] Avevamo
aspettative di un risultato diverso, cioè di un incremento dei voti,
soprattutto per il ruolo avuto nella battaglia dei lavoratori e dei consigli
autoconvocati contro i decreti che colpiscono la scala mobile".
Il 24-25 giugno si tengono le elezioni amministrative parziali in alcuni
comuni, Dp ottiene un risultato positivo, aumentando i voti delle europee
e delle politiche dell’83. Il partito cresce soprattutto nelle realtà
dove esiste una presenza sedimentata e una iniziativa politica, mentre
c’è un calo alle regionali sarde (9.361 voti corrispondenti allo
0,9%, mentre alle politiche dell’83 i voti erano stati 14.618, 1,5%).
Nel 1984 si aprono spazi politici nuovi per Dp: il Pdup confluisce
nel Pci, lo spazio politico che Dp vuole occupare come il partito più
di sinistra non ha più concorrenti. L’identità di Dp, ben
contenta di occupare questo spazio politico, è rivendicata da Capanna
il 27 settembre in una lettera aperta a Lucio Magri, dove afferma che "il
Pdup ha perso la coordinata essenziale (costruire una nuova forza politica
a sinistra del Pci), praticata a parole ma disattesa nella pratica […]
Con quale coerenza il Pdup, da tempo impegnato nella lotta per la pace
contro i pericoli di sterminio nucleare, confluisce nel Pci che è
sì contro i missili a Comiso ma accetta la Nato e dunque le migliaia
di testate atomiche già da tempo collocate nel nostro paese?… Il
Pdup è attivo nella lotta ecologica, e il Pci pochi mesi fa ha votato
a favore della legge 8, che toglie agli enti locali ogni potere in merito
all’installazione di centrali elettronucleari. Le domande potrebbero continuare
numerose in merito ai problemi del lavoro, della democrazia, ecc.".
Le contraddizioni segnalate da Capanna, significano ovviamente specularmente
per Dp scelte ben nette e un chiaro obiettivo politico, quello di costruire
una forza politica autonoma a sinistra del Pci. Dp sottolinea molto la
sua identità, contrapponendola a quella del Pci.
Afferma un manifesto di propaganda nell’inverno: "Governo e Pci, la
finta opposizione: il Pci in Piemonte vota l’installazione di una centrale
nucleare a Trino, in parlamento il 20 dicembre si astiene su un emendamento
di Dp volto a impedire la vendita di armi ai paesi destinatari di aiuti
straordinari, vota contro la riduzione, proposta da Dp il 16 novembre,
delle spese che l’Italia sostiene per finanziare la Nato, l’8 novembre
si astiene nella finanziaria su un emendamento di Dp contro l’esportazione
di armi ai paesi in via di sviluppo, salva Andreotti astenendosi sulla
mozione proposta da Dp. Senza opposizione coerente oggi non ci potrà
essere alternativa di sinistra domani, rafforziamo Dp per la pace, il disarmo,
la difesa dell’ambiente, per l’occupazione riducendo l’orario di lavoro
a 35 ore a parità di salario".
Questa identità pare dimostrarsi pagante in termini elettorali
e organizzativi.Nel 1984 viene fatta la prima campagna di tesseramento
vera e propria, il che è in una certa misura una novità rispetto
alle modalità di organizzazione delle forze della nuova sinistra,
solitamente piuttosto "fluide". Il tesseramento ha un discreto successo,
contando quasi 6.000 iscritti, contro i precedenti 3.000.
Uno degli episodi più significativi che caratterizzarono Dp
come il partito italiano più di sinistra, non disponibile a nessun
compromesso, è la vicenda della presentazione in parlamento il 4
ottobre di una mozione contro Andreotti, su cui il Pci si astiene.
Dal 14 al 16 dicembre si svolge a Milano la conferenza programmatica
e di organizzazione, in cui forte è la consapevolezza di avere un’ipotesi
politica chiara (creare un riferimento credibile a sinistra del Pci). La
relazione introduttiva è tenuta da Capanna che nota come Dp stia
passando a una fase propositiva, pur permanendo ancora "residui di psicologia
resistenziale, di psicologia dell’agire nelle catacombe, che ci attraversano
e ancora condizionano, con ogni sorta di timidezze e ritardi, il nostro
agire politico. Dp è considerata come forza alla quale potrebbe
dare il proprio voto il 12% dell’elettorato, e quasi un quarto dell’elettorato
del Pci ci guarda con simpatia. Il 5% dei giovani al di sotto dei 25 anni
oggi ci vota, Dp appare come forza al passo coi tempi e innovativa, dinamica
e attendibile in larghi strati di tutta la società italiana. Dp
è l’unico partito oggi in Italia coerentemente classista e coerentemente
ambientalista".
Sulla identità di Dp e sulla necessità di rafforzare
il partito interviene anche Russo Spena, affermando che "dobbiamo dare
gambe più solide al nostro essere partito marxista di frontiera
[…] che difende occupazione e condizione operaia, ma insieme raccoglie
e organizza la critica di massa allo sviluppo capitalistico, unifica lotta
operaia e lotta ambientalista".
Come dimostra anche questa conferenza di organizzazione (la mozione
finale è approvata con 163 voti favorevoli, 2 contrari e 9 astenuti),
si è ormai creato un partito omogeneo che ha una linea e una identità
definite.
1985
La crescita di Dp in termini di consensi e di militanti, ma anche in
termini di aspettative e di nuovi compiti a cui far fronte, comportava
una ristrutturazione delle strutture di lavoro nazionali, che pure erano
già abbastanza ristrutturate rispetto ai primi anni di Dp. Il 2
e 3 febbraio la direzione nazionale decise la riorganizzazione degli organismi
nazionali. Vennero creati alcuni dipartimenti e gruppi di lavoro: il dipartimento
giovani-scuola, la commissione agricoltura, il gruppo di lavoro sulla questione
cattolica. Altri vennero riorganizzati: il dipartimento problemi dello
stato, il dipartimento mezzogiorno, il dipartimento esteri-pace, il dipartimento
ambiente, salute e territorio, il dipartimento informazione e cultura,
il dipartimento organizzazione, e infine il dipartimento economia-lavoro,
che è quello maggiormente articolato in diverse strutture: una segreteria,
un ufficio centrale, alcune commissioni di lavoro, gruppi di lavoro temporanei
su argomenti specifici. Questa riorganizzazione è indicativa della
molteplicità di compiti che Dp volle affrontare e una articolazione
così ampia delle strutture di lavoro nazionali costituì una
novità rispetto alle organizzazioni della nuova sinistra.
Nel 1985 Dp dovette affrontare due scadenze significative: le elezioni
amministrative e il referendum promosso dal Pci contro il decreto di San
Valentino del governo Craxi.
Le amministrative del 12 maggio vedono una buona affermazione di Dp,
che aumenta i voti ottenuti nelle politiche dell’83, soprattutto nelle
grandi città. Nei consigli comunali, su 423 liste presentate, Dp
ottiene circa 150 consiglieri.In totale Dp dispone di circa 500 rappresentanti
negli enti locali. Nella direzione nazionale del 18 maggio, nella relazione
introduttiva, Russo Spena compie un’analisi molto realistica e non trionfalistica:
constata che "il voto indica una richiesta di normalità, una domanda
di sicurezza e stabilità: la società civile, nel suo 60%,
si è riconosciuta nel sistema politico, perché in assenza
di una prospettiva, di valori alternativi, di percorsi visibili, è
arretrata nel neocorporativismo".
Subito dopo, il 9 giugno, si svolge il referendum, a cui Dp arriva
dopo mesi di polemica col Pci riguardo alle gestione della campagna referendaria:
Dp contesta al Pci la volontà di "barattare" il referendum, ipotesi
a cui Dp si oppone perché "occorre una risposta decisa, capace di
fermare l’attacco padronale", come afferma la direzione nazionale del 2
febbraio.
Il referendum vide la vittoria del no. La valutazione della segreteria
nazionale fu che la sconfitta era dovuta alla drammatizzazione operata
da Craxi, che aveva minacciato la rovina delle pensioni e dell’occupazione.
Il no aveva vinto al Nord per la mobilitazione dei ceti medi, fenomeno
che diventa importante perché "la ristrutturazione ha prodotto una
nuova stratificazione sociale su valori concorrenziali organici alla politica
dei meriti craxiani". In questa situazione "Dp ha oggi davanti un compito
enorme, quello di liberare il voto proletario del Psi, la coscienza classista
del Pci, di aprire un dialogo col mondo cislino sulle grandi idealità
della lotta per il lavoro, ma anche di riuscire a dare sbocco alla protesta
sociale del meridione, a ricucire i diversi spezzoni in cui si è
diviso il proletariato. Occorre liberare il conflitto e l’antagonismo presente
nel paese reale". La voglia di moderatismo prevalente in Italia, l’impasse
del Pci e i compiti di Dp di agire per dare alla crisi del Pci uno sbocco
di sinistra furono al centro anche dell’analisi del voto condotta il 29
giugno dalla direzione nazionale. Saccoman, nella relazione introduttiva,
individua come elemento centrale della fase politica un ciclo moderato,
mentre arriva la crisi del partito pigliatutto, il Pci, e questo è
l’elemento centrale su cui si deve svolgere l’attività di Dp: "Siamo
giunti a un appuntamento che possiamo senza enfasi ritenere ‘storico’ all’interno
delle tormentate vicende della nuova sinistra, una crisi culturale, di
orientamento, politica del Pci sulla quale dobbiamo incidere perché
non abbia uno sbocco naturale esclusivamente a destra. Tanto più,
allora, è necessario che emerga, nella prossima fase, tutta la nostra
alternatività, la nostra autonomia strategica e organizzativa, non
massimalista, ma fondata su una più forte progettualità,
propositività, su una critica più radicale del modello di
sviluppo e di governabilità, sulla prospettazione ‘controcorrente’
di altri valori rispetto a quelli dominanti". Veniva quindi confermata
la scelta di divenire un referente credibile alla sinistra del Pci, attraverso
varie iniziative.
Il 31 gennaio si tenne il convegno "Contro i concordati vecchi e nuovi,
per la libertà di coscienza ai credenti e non credenti". In occasione
del voto in parlamento sul Concordato stipulato da Craxi il 18 febbraio,
approvato col voto contrario di Sinistra indipendente e Dp, Dp si presenta
come difensore del valore della laicità dello stato, in polemica
col Psi e col Pci che avrebbero abbandonato questo valore. Come afferma
una nota del dipartimento problemi dello stato: "La sinistra tradizionale
ha finito per abbandonare completamente le proprie tradizioni laiche. Il
concordato concede privilegi in campi delicatissimi: matrimonio, scuola.
Per la prima volta lo stato italiano mutua da un altro ordinamento e da
una ideologia, quella della chiesa, i contenuti del "bene comune", infatti
l’art. 1 afferma che "Stato e Chiesa si impegnano in una reciproca collaborazione
per la promozione dell’uomo e il bene del paese".
Anche con altre iniziative, un po’ in tutti i campi, Dp si vuole proporre
come partito coerentemente di sinistra, come con la proposta della riduzione
dell’orario di lavoro a 35 ore o con la difesa dello stato sociale (dall’1
al 3 dicembre a Roma si svolge il convegno nazionale "Welfare State: si
può distruggere qualcosa che non è mai esistito?"), o ancora
con la presentazione in dicembre di una proposta di legge per l’uscita
dall’emergenza, che propone l’amnistia e l’indulto (per "tornare allo stato
di diritto, incrinato dalle leggi speciali"), o infine con l’affermazione
netta dell’importanza dei diritti individuali che viene affermata durante
la discussione della legge sulla violenza sessuale: mentre la Dc contesta
la procedura d’ufficio e vuole disparità di trattamento giuridico
tra persone coniugate e non, Dp intende invece la violenza come reato contro
la dignità della persona e non contro la morale.
Uno degli elementi centrali dell’identità e della cultura politica
di Dp che si va definendo è un rinnovato interesse internazionalista
e terzomondista, che nel 1985 si sviluppa anche sull’onda dell’interesse
per le lotte dei neri sudafricani e dei sandinisti nicaraguensi. Dp organizza
iniziative in appoggio all’Anc e per il boicottaggio del regime razzista
e suscita una certa eco sulla stampa la richiesta di Dp a Enzo Ferrari
di non mandare le sue macchine al gran premio di Kyalami. Dp organizzerà
campagne di boicottaggio alle banche che concedevano prestiti al Sudafrica,
e denuncerà che spesso le sanzioni dei paesi occidentali sono più
proclamate che effettive, anche per quanto riguarda il commercio di armi,
che le più grosse aziende italiane continuavano a praticare (Fiat,
Piaggio, Aermacchi, Beretta, Contraves-Selenia, Oto Melara, Siai-Marchetti,
Aeritalia).
Ma soprattutto l’esperienza sandinista influenzò la cultura
politica di Dp, come sarà poi sancito dalle successive tesi del
congresso di Palermo del 1986. Dp considerava il sandinismo un riferimento
concreto, come un’esperienza di socialismo libertario e non totalitario,
non allineato, con un grande impegno per i diritti sociali delle classi
povere.
Come affermava una nota della segreteria nazionale di settembre: "L’originalità
democratica, libertaria e antistatalista del processo di trasformazione
sociale del Nicaragua rompe il bipolarismo internazionale […] Tutte le
questioni fondamentali, dalla democrazia alla salute, dall’economia ai
diritti civili, dall’istruzione allo stesso processo penale sono stati
affrontati in condizioni drammaticamente difficili, con uno spessore culturale
e strategico incomparabile non solo con tutti i paesi del Terzo mondo ma
anche con molte delle democrazie occidentali. La riforma per il diritto
alla salute fisico-mentale è unanimemente riconosciuta come una
delle più significative del mondo, in Nicaragua non esistono né
ergastolo né carcerazione preventiva, diverse amnistie sono state
concesse e ampiamente estese anche agli stessi capi della contra, il Nicaragua
è tra i rari paesi latinoamericani a non essere menzionato nei rapporti
di Amnesty International, il progetto di tutela della minoranza e di autonomia
degli indios misquito della costa atlantica è fra i più avanzati
al mondo. A questa ‘anomalia’ gli Usa hanno risposto con l’aggressione
e il blocco economico, l’Urss con il tentativo di ‘satellizzazione’, l’Europa
con il complice nullismo e la totale subalternità agli Usa".
Dall’autunno ‘85 inizia la fase preparatoria dell’xi congresso della
Cgil, che si svolgerà dal 28 febbraio al 4 marzo 1986.
Democrazia consiliare presenta alcuni emendamenti alle tesi, che consistono
nei seguenti punti:
1. giudizio negativo sull’operato del governo e conseguente necessità
di una dura battaglia contro le sue scelte strategiche e di costante impoverimento
della classe lavoratrice;
2. per le 35 ore settimanali a parità di salario e la cassa
integrazione a zero ore;
3. grado di copertura e cadenza della scala mobile, salario minimo
garantito;
4. rifiuto del legame fra salario e produttività, validità
dell’inquadramento unico.
L’autunno è caratterizzato dal movimento studentesco dell’85,
il più importante movimento studentesco dalla fine degli anni ‘70.
Il movimento parte dal Liceo Artistico di Milano, per protestare contro
la carenza di aule, e coinvolge presto altre scuole in tutta Italia per
lo stesso motivo. La posizione di Dp è di andare oltre queste rivendicazioni,
partendo sì da esse, ma per arrivare a criticare la finanziaria,
vista come culmine del processo di smantellamento dello stato sociale,
processo per cui gli studenti, in particolare universitari, devono pagare
tasse altissime per accedere all’istruzione e il cittadino deve pagare,
con il ticket, il diritto alla salute. Alla fine il parlamento stanzia
4.000 miliardi per l’edilizia scolastica e Pci e Fgci se ne vantano come
di un proprio successo, mentre Dp rileva la contraddizione tra "uno stato
che proclama il diritto allo studio nella propria carta costituzionale,
salvo poi farlo rimanere tale (cioè una bella affermazione di principio)
nella pratica quotidiana" e soprattutto, al contrario di Pci e Fgci che
volevano porre al movimento solo obiettivi "sindacali", Dp sottolinea invece
il diritto degli studenti alla critica del sapere e allo studio critico.
Dp riesce ad avere un ruolo, significativo per quanto piccolo, nel
movimento degli studenti, a partire proprio da Milano dove il movimento
è nato. Proprio sulla base dei consensi acquisiti in seguito al
movimento dell’85, Dp riesce ad avviare negli anni seguenti in diverse
città una attività tra gli studenti medi e universitari,
settori in cui Dp era quasi totalmente assente dai primi anni ottanta.
Viene costituito anche il dipartimento scuola, che in seguito svilupperà
iniziative contro l’ora di religione e di sostegno ai Cobas degli insegnanti.
Il 17 settembre Saverio Ferrari, membro della segreteria nazionale,
è arrestato nell’ambito dell’inchiesta del bar di largo Porto di
Classe a Milano (l’assalto a un bar frequentato da fascisti, avvenuto dieci
anni prima). Con lui vengono arrestate altre 12 persone, alcune delle quali
militanti di Dp, tutti comunque ex membri di Ao della cellula della facoltà
di medicina dell’Università statale, sia per l’inchiesta sull’assalto
al bar di via Porto di Classe, sia per l’inchiesta Ramelli (l’omicidio
di un giovane militante fascista), anche questo fatto accaduto a Milano
dieci anni prima.
La reazione fu durissima. Ciò fu considerato come un attacco
a Dp, sia perché riguardava suoi militanti, tra cui un dirigente
nazionale, sia perché era inteso a criminalizzare le lotte degli
anni settanta, di cui Dp si considerava l’erede. Come affermava un comunicato
della direzione nazionale: "Questi arresti ripropongono una lettura in
chiave giudiziaria degli anni settanta rilanciando il pentitismo e la cultura
dell’emergenza. Che ragione c’era per arrestare il compagno Saverio Ferrari
proprio nella sede nazionale di Dp e come mai è stato interrogato
solo dopo ben 13 giorni dall’arresto? Fa parte della deontologia professionale
del giudice che egli, prima ancora di interrogare gli arrestati, tenga
una conferenza stampa?… C’è un legame tra l’inchiesta e il salto
di qualità che rappresenta l’insieme dei provvedimenti contenuti
nella legge finanziaria. Non siamo infatti solo a 10 anni dalla più
imponente mobilitazione popolare nella storia del nostro paese, ma anche
a 10 anni dalle sue conquiste: la scala mobile, lo statuto dei lavoratori,
la riforma sanitaria, la chiusura dei manicomi, la legge per la casa, la
sconfitta delle ipotesi eversive della destra fascista. Non è sufficiente
distruggere queste conquiste, ma è necessario prosciugare il retroterra
culturale e cancellare la memoria storica delle lotte che a queste conquiste
avevano portato".
1986
Il tesseramento del 1986 venne lanciato con lo slogan "idee nuove per
l’alternativa". La costruzione dell’alternativa è al centro anche
del quinto congresso nazionale che si svolse a Palermo dal 22 al 27 aprile,
all’insegna dello slogan "Al bivio del duemila, idee e progetti per l’alternativa".
La scelta di Palermo non fu casuale: sia per dimostrare il radicamento
di Dp, sia per indicare l’attenzione al Sud del mondo e all’area del Mediterraneo
in particolare, teatro in quel periodo delle aggressioni aeree alla Libia.
Quello di Palermo rappresentò il congresso della "maturità"
di Dp, nelle tesi del quale giunge a compimento l’elaborazione di una cultura
politica originale. Anche se il congresso del 1988 sarà anch’esso
unitario, il "documento dei cento" indicava come nel partito vi fossero
due modi di intendere l’ambientalismo (divaricazione che sfocerà
poi nella scissione arcobaleno), a Palermo invece la cultura politica era
omogenea. Il fulcro delle tesi è la critica allo sviluppo capitalistico:
"Il capitalismo storicamente pretende di presentarsi come ininterrotto
promotore del progresso scientifico e tecnologico e del benessere. Oggi
è invece sempre più netta la contraddizione fra le potenzialità
dello sviluppo scientifico e tecnologico, che potrebbe offrire nuove grandi
possibilità di liberazione dal bisogno, di uguaglianza e di democrazia,
e la determinazione capitalistica della scienza e della tecnologia, che
comporta rischi crescenti di olocausto e di ecocidio: per cui il dilemma
del nostro futuro sembra essere fra bruciare nel fuoco nucleare o soffocare
nei nostri rifiuti, a meno della liberazione dell’umanità dal capitalismo,
ossia dalla riappropriazione da parte della società del dominio
su se stessa".
Nel capitalismo è immanente la tendenza al ristagno e alla guerra,
la necessità di saccheggiare natura e risorse: "Le devastazioni
ambientali derivano dal rapporto patologico fra produzione capitalistica
e natura. Infatti il profitto capitalistico valuta le risorse come sfruttabili
senza limiti, le considera non in termini di valori d’uso ma solo sulla
base della loro reperibilità e senza curarsi della loro disponibilità
futura […] Esso le considera di fatto come illimitate, e perciò
sprecabili, cioè come "non economiche". Né l’inquinamento
viene considerato un costo, da parte del capitale, che compromette così
per interessi individuali beni collettivi".
Il capitalismo viene visto come un sistema mondiale, e "la struttura
di classe di una società non può essere colta da una osservazione
limitata al livello nazionale", borghesia e proletariato sono due classi
mondiali.
L’origine del sottosviluppo è da ricercarsi nei "sistemi economici
"eterodiretti", ovvero il sottosviluppo sarebbe determinato e imposto ai
paesi dal Terzo mondo dai paesi capitalistici, che dirigono l’economia
mondiale, nella quale i paesi del Terzo mondo hanno la funzione di fornire
materie prime e manodopera a basso prezzo, e anche risorse finanziarie
(debito, armamenti) ai paesi del "centro", sostenendo così di fatto
il loro sviluppo anziché il proprio.
Particolare attenzione è dedicata al reaganismo, lo strumento
"per rilanciare con forza l’egemonia economica, politica e militare degli
Usa sull’occidente e sull’intero pianeta. Contemporaneamente e per il medesimo
motivo si è trattato di una rapida ridistribuzione del reddito sociale
a maggior vantaggio della borghesia e delle aree sociali intermedie, e
quindi del drastico ridimensionamento sia dell’esazione fiscale che della
spesa statale in servizi sociali e a supporto dell’occupazione […] L’Europa
occidentale è stata sottoposta dal reaganismo a operazioni e a pressioni
brutali, che in larghissima misura ha subito, nonostante gli stessi intendimenti
iniziali di resistenza, poi capitolati, dei governi riformisti (Mitterand,
Gonzalez). L’iniziativa reaganiana si è articolata fondamentalmente
su due piani: il fortissimo rialzo del tasso d’interesse primario da parte
del sistema bancario Usa, ciò che ha spostato immense risorse finanziarie
dall’Europa occidentale agli Usa, e una forte pressione politica per imporre
agli alleati europei della Nato la compartecipazione alla politica di riarmo
(aumento della spesa militare del 3% annuo, installazione dei missili Cruise
e Pershing)".
Il riformismo non è stato quindi in grado di reggere all’offensiva
reaganiana e di uscire dalla crisi dello stato sociale. "La sinistra riformista
occidentale ha coltivato l’illusione dell’emancipazione dei ‘lavoratori
metropolitani’ non attraverso l’unità mondiale degli oppressi ma
attraverso la partecipazione subalterna allo sfruttamento del Terzo mondo".
Craxi e il Psi vengono considerati come le forze del reaganismo italiano,
con un cambiamento rispetto ai governi a guida Dc, che cercavano di smorzare
e integrare, col clientelismo, tutte le spinte che minacciavano di incrinare
il sistema. Drastico è il giudizio sul Psi, irrecuperabile a un’ipotesi
di sinistra: "Il Psi non è definibile come forza dotata di programmi
e di valori […] Craxi intende situare il Psi come forza di ricambio della
Dc in una sostanziale continuità di regime, anzi con un’accentuazione
degli aspetti parassitari, infiltrandosi nel suo stesso blocco sociale,
a partire dalle aree intermedie, alle quali il Psi tende a presentarsi
come forza laica e moderna ma anche come garante della continuità
dei loro privilegi, e dando la scalata all’industria e alla finanza di
stato, anche per rastrellare le risorse per ampliare le attività
assistenziali e clientelari e per realizzare il controllo di parte congrua
dei mezzi di informazione, usando inoltre legami spregiudicati con attività
economiche e quote di potere illegali, come fanno fede i numerosi processi
in tutto il paese a esponenti del Psi".
Il sindacato va verso un modello neocorporativo: "La concertazione
espressa dalla politica dell’Eur, neocorporativa, ha via via ridotto il
sindacato italiano a un gruppo di interesse subalterno alle compatibilità
del sistema capitalistico".
Per l’alternativa, le tesi propongono un radicalismo alternativo che
comporta la trasformazione profonda dell’attuale sinistra: "Gran parte
del Pci è oggi nelle pastoie della crisi di prospettive susseguente
al fallimento delle politiche riformiste operate nell’intero dopoguerra,
e gran parte del Psi è stata addirittura catturata dal reaganismo
[…] Le premesse di una politica di alternativa […] stanno perciò
nella duplice sconfitta del craxismo nel Psi, come pericolosa succursale
italiana del reaganismo e come organico disegno antidemocratico e autoritario,
e del moderatismo nel Pci e nei sindacati".
L’alternativa proposta deve essere pacifista, socialista e libertaria,
e deve mirare a costruire un diverso modello di sviluppo, dove il calcolo
economico sia fondato sull’utilità sociale: "La massimizzazione
del profitto individuale immediato è indifferente all’utilità
sociale". Lo sviluppo deve essere "autocentrato", ovvero il contrario di
eterodiretto, deve essere fondato sul soddisfacimento dei bisogni e non
sul perseguimento del massimo profitto. "Un progetto di economia alternativa
deve necessariamente partire dalla critica radicale alle ideologie e alle
pratiche dello sviluppo quantitativo e accentrato, fondato sulla forzatura
dei volumi e dei ritmi produttivi e sullo spreco di lavoro e risorse. Occorre
così porsi il problema della qualità dello sviluppo: di cosa,
come, per chi produrre. Si tratta di una diversa razionalità dell’assetto
economico e sociale, centrata sulla salvaguardia e sull’uso benefico delle
risorse, sull’egualitarismo nella distribuzione del lavoro, del reddito
e dei servizi, sull’autogestione e sulla democrazia, del tutto incompatibile
con il capitalismo. Un’economia autocentrata si regge dunque su valori
alternativi di classe, sulla trasformazione socialista di tutti i rapporti
sociali, sull’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione,
sull’affermazione della loro proprietà sociale, sulla piena sovranità
popolare […] Sviluppo autocentrato e lavoro liberato significano anche
necessariamente ecosviluppo".
La concezione del socialismo di Dp è in netta rottura con quella
della sinistra storica: "Il socialismo è una formazione sociale
democratica e autogestita, caratterizzata da diritti e libertà",
si rifiuta il modello burocratico dell’Est. "La critica radicale di Dp
non è volta solo contro il modello occidentale o terzomondista del
capitalismo, ma anche contro il modello borghese-burocratico dell’Est.
Esso si configura come antidemocratico, antiproletario e autoritario sul
piano dei rapporti politici; il potere vi è concentrato nelle mani
del vertice del partito ‘comunista’, non v’è partecipazione o controllo
anche minimi dal basso".
Dp individua come terreni di scontro più immediati e urgenti
il disarmo in Europa e nel Mediterraneo, l’appoggio allo sviluppo e all’indipendenza
del Sud del mondo, la lotta per l’occupazione, dove propone un piano per
il lavoro, la difesa dell’ambiente, il risparmio energetico e l’uso di
fonti rinnovabili, una politica fiscale egualitaria, l’espansione e riqualificazione
dei servizi sociali, il salario sociale e pensioni adeguate, la liberazione
della donna, la difesa, la qualificazione ed effettiva realizzazione del
diritto allo studio, il ripristino della democrazia nei sindacati, la lotta
ai poteri criminali, la democrazia nel sistema informativo.
Il congresso di Palermo è importante perché indica l’apice
della prospettiva strategica di Dp perseguita già da alcuni anni.
È la prospettiva del rafforzamento di Dp come partito per costituire
un’alternativa alla sinistra del Pci, con la proposta di un comunismo rinnovato
e arricchito dall’ambientalismo, in senso libertario e dei diritti individuali.
Questa prospettiva rimarrà valida fino al successivo congresso del
1988, quando la prospettiva di Dp sarà indicata nella costruzione
di un movimento politico e sociale per l’alternativa, mentre una parte
di Dp indicherà invece come prospettiva lo sbocco nell’area verde.
Il 1986 fu l’anno della catastrofe nucleare di Cernobyl. Subito dopo
quel disastro un largo spettro di forze promosse tre referendum contro
il nucleare, con la raccolta di oltre un milione di firme, 600.000 delle
quali raccolte da Dp. La questione energetica era considerata da Dp come
centrale, perché la critica all’uso dell’energia e al tipo di energia
usata costituiva una critica al modello di sviluppo capitalistico. Pertanto
Dp proponeva un contropiano energetico e avanzava proprie proposte alla
conferenza nazionale sull’energia, organizzando lotte ambientaliste, la
più significativa delle quali fu la campagna contro alcune industrie
del gruppo Montedison che scaricavano residui inquinanti nell’Adriatico.
Contro la Montedison, Dp, insieme ad altre associazioni ambientaliste,
organizza una campagna di boicottaggio della Standa (di cui la Montedison
era allora proprietaria). Anche qui Dp sottolinea come l’inquinamento sia
dovuto alla necessità del capitalismo di fare profitti a scapito
dell’ambiente.
Nel settore della politica estera, nel 1986 Dp promosse due iniziative
che ebbero una certa eco esterna. Una fu la visita di Capanna a Gheddafi
in solidarietà a seguito del bombardamento statunitense alla Libia,
l’altra è l’approvazione in parlamento, il 4 giugno, della mozione
proposta da Dp che impegna il governo italiano a riconoscere l’Olp come
unico legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Il congresso di Palermo confermò comunque che Dp era un partito,
per quanto piccolo, che, proponendo un’alternativa complessiva, voleva
agire su tutti i settori della vita sociale. Questo conferma, sul piano
dell’organizzazione interna, la suddivisione in strutture dipartimentali
che coprono i vari aspetti della vita sociale ed economica del paese; questa
suddivisione organizzativa, che esisteva già dal 1985, viene confermata
dalla direzione nazionale dell’11 ottobre, che si limita a qualche ampliamento
di competenze dei dipartimenti e alla ridefinizione delle responsabilità.
Per quanto riguarda gli organismi dirigenti, col congresso di Palermo nacque
un nuovo organismo, l’ufficio politico, che avrebbe dovuto avere un ruolo
intermedio tra segreteria e direzione, sia per quanto riguarda il ruolo
(intermedio tra gestione quotidiana del partito e definizione della linea
politica nel breve periodo) che la composizione (era più ampio e
rappresentativo della segreteria e meno che la direzione). Esso era infatti
composto dai membri della segreteria (la direzione nazionale di 65 membri
eletta a Palermo votò, con cinque astensioni, una segreteria composta
da Capanna, Arnaboldi, De Petris, Gorla, Nardelli, Russo Spena, Saccoman,
Semenzato) più Barzaghi, Confalonieri, Ferrari, Jervolino, Molinari,
Neri, Nocera, Pezzi, Ronchi, G. Russo, Tonelli, Vinci, Patta. L’ufficio
politico sarà abolito nel 1988 col congresso di Riva del Garda.
1987
Alle elezioni politiche di giugno Dp arrivò sull’onda di un discreto
rafforzamento organizzativo (nel 1987 gli iscritti saranno 9.153) e di
simpatie acquisite in seguito alla raccolta di firme per i referendum antinucleari.
La campagna elettorale fu condotta all’insegna degli slogan "Le grandi
ragioni dell’alternativa", e "Per costruire l’opposizione, cambiare la
sinistra, progettare l’alternativa", che indicano la prospettiva stabilita
dal congresso di Palermo di un rafforzamento di Dp per costruire, nel lungo
periodo, l’alternativa di sinistra.
Alle elezioni Dp raggiunse il suo massimo storico (642.021 voti, pari
all’1,7%) eleggendo 8 deputati (Capanna, F.Russo, Russo Spena, Tamino,
Guidetti Serra, Arnaboldi, Cipriani e Ronchi) e un senatore (Pollice).
Alla prima riunione della direzione nazionale dopo le elezioni, il
20 e 21 giugno, Capanna si dimise da segretario, e alla segreteria venne
eletto Russo Spena. Insieme a lui, la nuova segreteria era composta da
Arnaboldi, De Petris, Gorla, Nardelli, Saccoman, Semenzato. Le ragioni
delle dimissioni di Capanna non furono un fatto secondario o un semplice
avvicendamento, ma quell’episodio fu al contempo la conclusione di una
vicenda (la gestione del partito da parte di Capanna, che aveva visto il
consolidamento di Dp, ma anche contrasti tra Capanna e gli altri dirigenti
non di sua fiducia) e la prima puntata di una crisi lunga e complicata
che si concluderà con la scissione arcobaleno. L’episodio che diede
origine alle dimissioni di Capanna fu il rifiuto, da parte della direzione
nazionale, della sua proposta di non fare entrare in parlamento Cipriani
(attraverso il gioco delle opzioni, poiché Capanna era stato eletto
in più circoscrizioni). Di fronte al rifiuto, Capanna si dimise,
le dimissioni vennero respinte ma Capanna le reiterò, per cui fu
necessario eleggere un nuovo segretario. E se con questo si concludeva
la gestione di Capanna, iniziava però la crisi di Dp. La linea politica
mirante a una crescita di Dp a spese del Pci si dimostrò non sufficentemente
pagante, come dimostrò il limitato incremento elettorale, e iniziò
perciò la ricerca di nuove strade. È emblematico che le dimissioni
di Capanna avvengano nel momento in cui la politica di concorrenza al Pci
mostra di aver conseguito il massimo che poteva conseguire sul piano elettorale.
Se, come si è detto, le dimissioni di Capanna avvennero non per
valutazioni sulla linea politica ma su un fatto contingente, il cambio
della segreteria è sintomatico di questa crisi. Quanto di ciò
fossero consapevoli Capanna e gli altri dirigenti di Dp non è riscontrabile
dalle sole fonti documentarie, ma dall’analisi del voto fatta dalla direzione
nazionale.Pur riconfermando la validità della linea politica fin
allora perseguita, si cominciano a intravvedere elementi di crisi della
strategia perseguita da Dp. Infatti anche nella relazione introduttiva,
Semenzato rileva che Dp ha avuto un incremento dei voti del 18,4% (provenienti
da Pci e aree pacifiste che votavano Dc), soprattutto nei grandi centri
urbani del Centro-Nord, nonostante la difficoltà del terreno elettorale
dovute all’affollamento a sinistra, con liste del Pci infarcite di vecchi
compagni della nuova sinistra e la presenza dei verdi. A ciò va
aggiunta l’assenza di lotte significative e una campagna politica tutta
incentrata sui temi istituzionali, che prescindeva largamente dalle lotte
sociali, l’humus di Dp, scontrandosi invece sulle formule di governo da
cui naturalmente Dp era strutturalmente esclusa. Il voto viene considerato
come un consolidamento dell’influenza di Dp, che ha registrato una buona
tenuta nonostante le liste verdi, le più dirette concorrenti. Afferma
sempre Semenzato: "Il consolidamento del nostro risultato elettorale è
dunque il frutto di una proposta politica equilibrata che ha saputo operare
una sintesi fra progettualità politica e radicalità sociale,
fra lotte proletarie e battaglie ambientaliste, rivolgendosi tanto alla
sinistra politica e sociale che alle aree avanzate del mondo cattolico.
Siamo così riusciti a competere con successo con la proposta verde,
contenendo la possibile fuga elettorale in tale direzione, recuperando
nel contempo consensi soprattutto dal dissenso operaio e anche dalle aree
del pacifismo e solidarismo cattolici". Viene confermata la prospettiva
del rafforzamento di Dp nell’ottica della costruzione di un blocco sociale
e politico di alternativa: "La possibilità di un movimento politico
e sociale per l’alternativa, che abbiamo lanciato alla nostra conferenza
programmatica, e di cui Dp possa essere innesto e motore d’avviamento,
esiste oggi con più credibilità di ieri".
Nei restanti mesi del 1987 in effetti si continuò a ritenere
valida la linea politica del congresso di Palermo, e anche la proposta
del successivo congresso di Riva del Garda (il movimento politico e sociale
per l’alternativa) del 1988 ne costituirà un’evoluzione. In luglio
la segreteria nazionale elaborò una "lettera alla sinistra" in cui
si rilanciava la proposta di rifondazione della sinistra. "La sinistra
italiana è attraversata da una crisi profonda, che è insieme
di strategia, di rappresentanza sociale, di valori […] La posta in gioco,
oggi, è l’identità stessa della sinistra che rischia di smarrire
ogni legame con le finalità storiche della trasformazione sociale,
del cambiamento di sistema, della lotta per la pace e il diritto dei popoli
all’autodeterminazione e allo sviluppo autocentrato. Rivolgiamo questa
nostra proposta di discussione a tutta la sinistra, intesa non solo come
forze politiche, ma come ampio schieramento di donne e di uomini, di forze
sociali e sindacali, di associazioni e collettivi, di gruppi femministi,
di strutture ambientaliste e pacifiste che vogliono trasformare ed essere
trasformate in un processo di rifondazione culturale e politica".
Dopo la pausa estiva Dp promosse significative iniziative in vari settori.
Innanzitutto promosse manifestazioni e una raccolta di firme contro la
spedizione di alcune navi militari italiane nel Golfo Persico, partecipando
alla manifestazione nazionale del 27 ottobre a Roma con la parola d’ordine
"né un uomo né un soldo per la guerra". L’attività
pacifista di Dp consisteva anche nell’appoggio all’obiezione fiscale alle
spese militari.
Nel dicembre inizia l’Intifada nei territori palestinesi occupati.
La "rivolta delle pietre" suscita profonda emozione in Occidente e Dp lancia
la campagna nazionale a favore dell’Olp "vita, terra, libertà per
il popolo palestinese", per il riconoscimento dell’Olp e per uno stato
palestinese indipendente.
Nel 1987 Dp è piuttosto attiva anche nel settore scuola e università,
sia a livello nazionale, essendosi ormai ricostituito il dipartimento giovani-scuola,
sia a livello locale, potendo contare su alcuni attivi gruppi di studenti
medi e universitari, come la sezione universitaria di Roma che presenta,
e vince, un ricorso al Tar del Lazio contro il numero chiuso alla Sapienza.
Nel settore delle lotte operaie sono molto attivi i lavoratori di Dp
dell’Alfa Romeo in lotta contro la ristrutturazione imposta dalla Fiat
e gestita dai sindacati. L’Alfa fu venduta dall’Iri alla Fiat, con un’operazione
considerata da Dp come un sostegno statale alla Fiat, che oltre ai benefici
di contributi a fondo perduto, dell’esiguità del prezzo e delle
condizioni di estremo favore nel pagamento, della fiscalizzazione degli
oneri sociali, ha via libera per licenziare migliaia di lavoratori.
Dp è inoltre stata l’unica forza politica che ha appoggiato
totalmente, nella vertenza del porto di Genova, le ragioni dei lavoratori
della Culmv (Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie), la struttura autogestita
dai lavoratori del porto che si battono per il mantenimento dell’organizzazione
autogestita del lavoro.
Dp sostiene inoltre le lotte dei Cobas della scuola, viste come lotte
per il salario e la qualità dell’insegnamento. Come afferma Saccoman
"Non c’è da stupirsi dell’attuale malessere degli insegnanti, costretti
a discendere nella scala sociale, produttori di un lavoro superfluo, in
attesa del rinnovo di un contratto scaduto da oltre 27 mesi […] Cambiare
la scuola e valorizzare la funzione sociale dell’insegnante significa mutare
i valori su cui oggi si fonda la società, riscoprendo il lavoro
come ricchezza e quindi la scuola come investimento sociale strategico
per una cultura di massa, per una piena realizzazione della persona umana.
Difesa del diritto allo studio e della scuola pubblica fanno da sfondo
alla richiesta di un diverso ruolo nel proprio lavoro, di una diversa condizione
economica, di una partecipazione diretta e democratica, di una autogestione
sociale contro l’autoritarismo del governo e delle confederazioni sindacali,
contro i compromessi sociali".
Inoltre la polemica col sindacato non riguarda solo l’appoggio ai Cobas,
ma anche l’opposizione di Dp alle proposte di legge sulla limitazione del
diritto di sciopero nei servizi pubblici, che vengono presentate in autunno.
Riguardo al nesso lotte operaie-lotte ambientaliste, particolarmente
significative sono le lotte dei lavoratori di Dp dell’Ansaldo contro le
produzioni per il nucleare, che portano ai blocchi dei lavoratori ai cancelli
della fabbrica per impedire l’uscita di componenti per una centrale nucleare
iraniana.
Anche a Massa Carrara Dp organizzò lotte operaie-ambientaliste
contro la Farmoplant, ma, a differenza dell’Ansaldo, con notevoli difficoltà
e non riuscendo a coinvolgere i lavoratori. Il 16 novembre si svolse un
referendum consultivo, che si espresse per la chiusura della fabbrica inquinante.Alcuni
militanti di Dp furono aggrediti da operai licenziati in seguito all’esito
del referendum.
La vicenda Farmoplant, con le sue difficoltà, costrinse il partito
a ragionare più approfonditamente su come saldare le necessità
dei lavoratori e le esigenze di tutela dell’ambiente. La proposta che venne
avanzata fu sì la necessità di chiudere le fabbriche inquinanti,
affiancata all’obiettivo di un salario statale ai lavoratori che per via
della ristrutturazione o della chiusura degli stabilimenti altamente inquinanti,
perdevano, transitoriamente o durevolmente, il loro posto di lavoro.
L’iniziativa che ebbe il maggior impatto esterno fu senza dubbio la
manifestazione-concerto (vi presero parte Dario Fo ed Enzo Jannacci) organizzata
in ottobre a Milano in piazza Duomo contro la "filosoFiat", organizzata
da Dp insieme ai lavoratori dell’Alfa, ai cassintegrati, alla Fim. Fu un’iniziativa
non puramente resistenziale, non di pura contestazione, ma capace, come
affermava Sandro Barzaghi, "di parlare alla città di Milano, di
contrapporre al modello Fiat (con tutti i suoi leccapiedi da Sordi, a Pozzetto,
ad Alberoni) un altro modello, un’altra cultura, un altro livello di solidarietà".
Il successo fu in effetti notevole: 15-20.000 persone di pubblico e alcuni
milioni raccolti per la solidarietà ai cassintegrati dell’Alfa.
L’iniziativa parlamentare di Dp che ebbe maggiore eco nel 1987 fu senz’altro
la denuncia di Capanna in parlamento ai ministri Gunnella e Mannino, accusati
di essere collusi con la mafia. "Gunnella è tutt’uno con la criminalità
mafiosa organizzata da almeno vent’anni: da quando, il 22 febbraio 1968,
in qualità di consigliere delegato della Sochimisi assunse il boss
mafioso Giuseppe Di Cristina […] Poco dopo l’assunzione, a Riesi, paese
natale del Di Cristina, il Pri, che raccoglieva in precedenza una ventina
di voti, se ne vide arrivare ben 400, di cui circa 300 preferenze a favore
di Gunnella […] la sentenza del collegio nazionale dei probiviri del Pri,
emessa all’unanimità il 15 maggio 1975: vi è documentato
come Gunnella, parlamentare e segretario provinciale del Pri a Palermo,
divenne uno dei più tenaci assertori e sostenitori dell’elezione
di Ciancimino a sindaco della città".
"Si legge in un documento ufficiale che i rapporti tra Calogero Mannino
e i cugini Nino e Ignazio Salvo devono essere certamente ottimi, se si
considera il fatto che questi ultimi, quando gestivano le esattorie, avevano
messo a disposizione del Mannino un loro impiegato, distaccandolo presso
l’assessorato alle finanze della regione nel periodo in cui Mannino era
assessore alle finanze… L’avvocato Mannino è stato compare di nozze
di Gerolamo Caruana, figlio del boss mafioso di Siculiana, Leonardo Caruana,
che è stato assassinato a Palermo il 2 settembre 1981".