Nel giugno 2000, in occasione del ventesimo anniversario della morte
di Giorgio Amendola, la rivista "Le ragioni del socialismo", diretta da
Emanuele Macaluso, ha organizzato un convegno per ricordare la sua figura
e riflettere sulla sua attualità.
Amendola, nato nel 1907, si iscrive al PCI nel 1929. Il padre, grande
dirigente liberale, era morto a Cannes tre anni prima, per le conseguenze
di una aggressione fascista.
Espatria nel 1931, l’anno dopo è condannato dal Tribunale speciale,
nel ’39 è in Tunisia, poi in Francia e quindi partecipa alla Resistenza
con ruoli di primo piano.
Dall’iscrizione, la sua vita segue tutta la storia del PCI, dagli anni
del “socialfascismo” ai Fronti popolari, dal dopoguerra agli anni ‘60-
70, quando la sua posizione, nel partito, assume una connotazione particolare.
Amendola è spesso identificato con la “destra” interna, in contrapposizione
alla “sinistra” di Pietro Ingrao. Famose le sue provocazioni: dalla proposta
di partito unico della sinistra nel ’64 alla polemica frontale con il movimento
studentesco nel ’68, dalla teorizzazione del “PCI partito di governo” nel
’69 alle tante “spallate al partito” nell’ultimo decennio della sua vita.
Sempre nella totale convinzione dell’unità antifascista e con un
apparentemente contraddittoria “fedeltà” all’URSS e al campo socialista.
Forte in lui la formazione storicista e innegabili l’influenza di Croce
e dei grandi meridionalisti.
Il convegno ha visto numerosi interventi, fra gli altri quelli di Natta,
Napolitano, Salvadori, Petruccioli, Cafagna, Amato, Tamburrano. Elemento
comune nelle, tante e ovvie, differenze, la valorizzazione del riformismo
amendoliano, della sua atipicità in un partito legato per anni a
dogmi e analisi “ortodosse”. Ovvia l’impostazione politica della rivista
e del convegno: la richiesta alla sinistra italiana di accelerare il processo
riformista di cui Amendola è stato precursore.
Sergio Dalmasso