McKinsey &
Company è una nota società di consulenza manageriale e di strategia e focalizza la sua
attività nel "risolvere problemi di interesse per
il top management di grandi aziende ed organizzazioni“.
Ovvero è una società privata che ha una visione
della scuola come un servizio per le grandi aziende. L’impostazione di fondo della relazione si può sintetizzare così:
1) Le cause delle differenze nei risultati degli studenti dei vari paesi non derivano dal numero di alunni per classe “classi più piccole vogliono dire più insegnanti che, di conseguenza, a parità di fondi, vuol dire meno soldi agli insegnanti e una minore selezione sugli insegnanti”. “La riduzione della dimensione delle classi non ha nessun impatto sui risultati degli studenti.”
2) Né derivano dall’entità degli investimenti “Nonostante sostanziali aumenti di spesa e
molti tentativi di riforme dai buoni propositi, i risultati di un gran numero
di sistemi scolastici sono appena migliorati.”
3)
Se tagliamo
insegnanti e finanziamenti e concentriamo la spesa su pochi insegnanti “bravi”
avremo una scuola di qualità.
Allo scopo si
citano i risultati di paesi come la Corea o Singapore e in parte (ma solo in parte la Finlandia).
La ricerca è
fortemente improntata da un approccio economicistico
di parte ( d’altra parte McKinsey
è questo) e mi sembra profondamente scorretta sul piano scientifico:
a)
Confrontare
l’Italia con la Corea o Singapore o la Nuova Zelanda e
non con la Francia, la Spagna o la Germania mi sembra un’operazione molto
scorretta viste le differenze estremamente rilevanti sia sul piano culturale
che organizzativo di questi paesi rispetto al nostro;
b)
Vengono assunte
assiomaticamente come variabili causali rilevanti per i risultati degli
studenti solo quelle di carattere economico (spesa e numero di alunni per
classe) e ignorate totalmente quelle considerate come prioritarie dagli stessi
ricercatori di PISA ovvero le condizioni socioeconomiche e il livello culturale
delle famiglie.
Non sto a dilungarmi su altre amenità quali “I sistemi scolastici migliori hanno trovato
che alzare i salari in linea con gli altri salari dei laureati è importante, ma
alzarli al di sopra della media dei mercati dei salari dei laureati non porta
ad un aumento né della qualità, né della quantità degli aspiranti insegnanti.” Non va bene dargli troppi
soldi, magari si montano la testa.
Oppure “I sistemi scolastici migliori spendono meno della media dei paesi OCSE” Ma come mai in Italia funziona meglio la scuola elementare (vedi ricerca Pirls) che è quella con più insegnanti e maggiore spesa per studente ?
La ricerca poi prosegue fra affermazioni impegnative sulla necessità di una leadership forte (tutto il potere ai dirigenti) e attuazione di “procedure per assicurare che gli insegnanti di basso livello possano essere rimossi dalle classi, anche dopo essere stati assunti”.
A me sembra che
tale impostazione sia esattamente quella portata avanti dal duo Tremonti Gelmini e che sta
provocando sconquassi epocali per ora nella scuola elementare poi vedremo.
Tale linea è esattamente
la riproposione delle tesi economicistiche
sulla scuola in contrasto con quelle sociopedagogiche
che avevano sempre guidato le riforme della scuola nel
nostro paese. Se ricordate anche la riforma Moratti aveva come base l’analisi di pedagogisti come Bertagna, quella di Fioroni le analisi di Morin, per citare solo gli ultimi.
Oggi il documento
sulla valutazione delle scuole pubblicato sul sito dell’Invalsi
è scritto da tre economisti.