Il Mito di Prometeo
La maggior parte della critica riconosce ormai concordemente la matrice indo-europea del mito di Prometeo. Da un punto di vista filologico si può, infatti, far derivare il nome del leggendario titano, che in greco assume la valenza semantica di "colui che pensa prima, il preveggente", dall'assai anteriore vocabolo sanscrito paramantha, indicante propriamente la svastica o fiaccola, di cui Prometeo sarebbe stato l'inventore. Ad avvalorare ulteriormente la comune origine giapetica è il parallelismo fra le vicende dei fratelli Paramanthu e Manthu, citati nell'epoca sanscrita Bhagavata Purana, e quelle di Prometeo ed Epimeteo ("colui che pensa dopo"). L'aggiunta nel mito della figura femminile di Pandora ("che tutto dona") pare invece un'interpretazione misogena dell'origine dei mali dell'umanità e va fatta risalire alla teogonia esioidea. Il mito venne poi variamente sviluppato nell'ambito della cultura ellenica e, come d'altronde spesso avviene per la quasi totalità dei miti greci, ci è pervenuto in diverse tradizioni. Il primo a dare forma scritta al mito è Esiodo. Secondo la sua narrazione Prometeo, iscritto nel contesto della lotta fra Zeus e i Titani, inganna il padre degli dei offrendogli le ossa di un toro sacrificato avvolte nel grasso, per farle apparire la parte migliore, riuscendo cosi a conservare le carni per gli uomini. Zeus punisce allora gli uomini privandoli del fuoco, emblema di civiltà e progresso, che però il titano restituisce loro dopo averlo rubato dall'Olimpo. Per questo, Prometeo è condannato ad essere incatenato nudo su una rupe del Caucaso, dove un'aquila di giorno gli rode il fegato che ricresce durante la notte. Verrà liberato solo da Eracle che ucciderà l'aquila. Nella versione eschilea del "Prometeo incatenato", la figura del titano viene esaltata come quella del civilizzatore del genere umano e suo liberatore nella lotta contro la tirannide, capace di infondergli la consapevolezza della propria grandezza. Platone, nel suo dialogo" Protagora", lo rappresenta come il creatore stesso dell'uomo, cui avrebbe dato la forza di resistere agli ostacoli postì dalla natura attraverso la tecnica. Quest'ultima avrebbe tuttavia dovuto unirsi alla giustizia ed al rispetto, elargiti da Zeus, per consentire all'uomo di organizzarsi societariamente