ALLEGATO 2
IL QUADRO DEMOGRAFICO, SOCIALE ED ECONOMICO DI BOLOGNA E DELLA SUA AREA METROPOLITANA NEL 1999 E GLI SCENARI FUTURI

1. Le tendenze demografiche

Durante il 1998, la popolazione della provincia di Bologna ha sperimentato per il terzo anno consecutivo una dinamica positiva. I residenti nella provincia - che alla fine dell’anno ammontavano a 913.119 unità (vedi Tavola 1) - sono aumentati infatti di 2.526 unità (pari a +0,3%). I livelli più significativi di crescita si sono realizzati nei comuni di Loiano (+5,7%), Monghidoro (+5%) e Castello d’Argile (+4,4%).

Le motivazioni di tale andamento sono da attribuire, in primo luogo, alla dinamica migratoria che ha raggiunto nello scorso anno un livello positivo (+6.779 unità) e superiore a quello del 1997 (+734 unità; +12,1%). In particolare, si nota uno sviluppo più sostenuto degli immigrati (+2.116; +6,9%) rispetto a quello che ha caratterizzato gli emigrati (+1.382 unità; +5,6%).

Con la sola eccezione di Castenaso - dove il numero delle cancellazioni anagrafiche ha sopravanzato di appena 19 unità quello delle iscrizioni - tutti i comuni della provincia sono stati contraddistinti da una dinamica migratoria di segno positivo che ha raggiunto un’entità particolarmente sostenuta, in rapporto al loro peso demografico, nei tre comuni già ricordati in precedenza.

Il saldo naturale è rimasto su valori negativi molto prossimi a quelli dell’anno precedente (-4.253 unità) con una sostanziale stabilità del numero dei nati (6.914) ed un lievissimo incremento dei morti (passati da 11.007 a 11.167 unità). Il deficit naturale rimane imputabile per quasi due terzi al comune di Bologna. Comunque, sono soltanto nove (Calderara di Reno, Castel Guelfo, Castello di Serravalle, Castenaso, Marzabotto, Monterenzio, Monte San Pietro, Monteveglio e Sala Bolognese) i comuni che risultano in controtendenza e presentano un numero di nati superiore - talvolta di poche unità - a quello dei morti.

L’analisi della dinamica demografica di ciascuna delle zone che compongono la provincia di Bologna pone in rilievo il deciso avanzamento della montagna (+1,7%) e della pianura (+1,2%) e il procedere più lento della zona imolese (+0,5%) e del Pui (+0,4%).

Per quanto riguarda il comune capoluogo (vedi Tavola 2) si può invece rilevare che nello scorso anno la popolazione bolognese è diminuita di 1.755 unità (-0,5%), riduzione quest’ultima assai prossima a quelle registrate nel biennio precedente, le più contenute in termini assoluti e relativi dal 1975. La consistenza della popolazione residente a Bologna alla data del 31 dicembre 1998 è risultata pari a 382.006 unità (di cui 178.310 maschi e 203.696 femmine).

Due sono i fattori che hanno contribuito a questo risultato: il numero dei nati che è rimasto significativamente al di sopra dei bassi livelli raggiunti ancora nei primi anni ‘90, ed il saldo migratorio che - pur subendo rispetto al 1997 un lieve arretramento - rimane contrassegnato per il terzo anno consecutivo da un segno positivo.

Il lieve calo dei nati (2.524; -59 unità rispetto al 1997) ed il parallelo incremento dei morti (5.321; +122 unità rispetto al 1997) hanno determinato un saldo naturale che è ancora una volta negativo (-2.797 unità) e risulta di entità appena più accentuata rispetto a quello registrato nel 1997 (-2.616).

Questi andamenti sono stati accompagnati da una sostanziale stabilità sia del tasso di natalità (il numero di nati ogni 1.000 residenti) pari al 6,6 per mille, che del quoziente di fecondità (il rapporto fra numero dei nati e delle donne in età compresa fra i 15 ed i 49 anni) che è rimasto superiore ai 30 nati ogni 1.000 donne in età feconda (vedi Tavola 3).

Il modesto incremento del tasso generico di mortalità (13,9 morti ogni 1.000 abitanti nel 1998, rispetto al 13,5‰ dell’anno precedente) - conseguenza diretta del processo di invecchiamento della popolazione residente - è accompagnato da una speranza di vita alla nascita fra le più elevate a livello nazionale (nel periodo 1992-1995: 74,92 anni per i maschi e 81,12 anni per le femmine).

Il segno positivo assunto dalla dinamica migratoria nel triennio 1996-1998 ha contribuito in misura decisiva a limitare le perdite di popolazione nel comune capoluogo. Il risultato ottenuto durante lo scorso anno deriva infatti da un numero molto elevato e crescente di immigrati (11.302 unità; +907 rispetto al 1997, pari a +8,7%) e da un flusso in uscita da Bologna tendenzialmente in ascesa e posizionato anch’esso su livelli sostenuti (10.260 unità; +1.106 rispetto al 1997, pari a +12,1%).

L’esame delle origini e delle destinazioni dei principali flussi in ingresso ed in uscita da Bologna denota che gli immigrati del 1998 provengono per il 32,2% dagli altri comuni della provincia di Bologna, per il 9,3% dalle altre province dell’Emilia-Romagna, per il 25,9% dalle regioni meridionali e per il 15,1% dall’estero (vedi Tavola 4). Rispetto al 1997, le modifiche più rilevanti riguardano le componenti - peraltro più contenute numericamente - provenienti dalle regioni del Centro (+26%) e da quelle del Nord (+17,8%). Dopo la lieve contrazione del 1997, appare inoltre nuovamente in crescita il flusso di immigrati provenienti dall’estero (+13%).

Anche nel 1998, una quota preponderante dei flussi in uscita si è indirizzata verso i comuni della provincia (62,5%) e, in particolare, verso quelli della prima cintura - primi fra tutti San Lazzaro di Savena (6,8%) e Casalecchio di Reno (6,6%) - mentre un ulteriore 11,3% ha scelto come destinazione una delle altre province dell’Emilia-Romagna (Modena 3,2%, Ferrara 2,3%).

Le tendenze demografiche dello scorso anno escono notevolmente rafforzate dagli andamenti dei primi otto mesi del 1999. La popolazione residente a Bologna alla fine di agosto, pari a 381.396 unità, è infatti diminuita in misura molto ridotta rispetto alla medesima data del 1998 (-686 unità, -0,2%). A fronte di un incremento delle nascite (1.736 contro le 1.638 del medesimo periodo 1998) si registra un’attenuazione consistente del segno negativo che contraddistingue abitualmente il saldo naturale (da -1.962 a -1.660 unità), attenuazione determinata anche dal ridotto numero dei morti (da 3.600 a 3.396 unità; -5,7%). Il movimento migratorio denota invece un notevole aumento degli ingressi (+10%) accompagnato da una sostanziale stabilità delle uscite (+0,3%). Conseguentemente a ciò cresce significativamente il saldo migratorio (da +283 a +1.050 unità).

Un primo evidente effetto della dinamica demografica finora illustrata è riscontrabile nelle modifiche che interessano gli indicatori abitualmente utilizzati per descrivere il processo di invecchiamento della popolazione. Alla fine del 1998, i residenti di 65 anni e più costituivano oltre un quarto (26%) dell'intera compagine demografica bolognese, mentre il rapporto fra il numero di anziani oltre i 65 anni e quello dei giovani sotto i 15 anni (l’indice di vecchiaia) si collocava a 293 (rispetto al 298 registrato al 31.12.1997) con un ulteriore lieve calo a 290 (vedi Tavola 6) rilevato dalle più recenti elaborazioni al 31 agosto 1999.

La provincia rimane caratterizzata comunque da una struttura per età più giovane e da un’incidenza più contenuta degli ultrasessantacinquenni che rappresentano, alla fine del 1998, il 22,7% di tutti i residenti (vedi Tavola 5). L'indice di vecchiaia per la provincia è pari, alla medesima scadenza, a 219. Le differenze esistenti a livello locale quanto a composizione per età della popolazione risultano talmente marcate che gli indici di vecchiaia del comune più giovane (Calderara di Reno) e di quello più vecchio (Castel del Rio) sono pari rispettivamente a 106 e a 348.

Un esame su base territoriale delle tendenze demografiche consente di evidenziare il consolidarsi del recente processo di crescita e di ringiovanimento della popolazione del centro storico di Bologna. I residenti in tale parte della città ammontano infatti al 31 agosto 1999 a 55.408 unità con un aumento negli ultimi dodici mesi dello 0,2% (vedi Tavola 7). A ciò si contrappone l’ulteriore calo - pari a -0,3% - registrato dalla popolazione delle zone periferiche.

Occorre peraltro ricordare che i tassi di natalità delle zone centrali sono oggi più elevati di quelli della rimanente parte della città (nel 1998: 7,3 nati ogni 1.000 abitanti contro i 6,5 rilevati per le zone periferiche) e che la struttura per età dei residenti nelle centro storico è mediamente più giovane rispetto a quella delle altre zone cittadine (età media nel 1998: 46,2 anni nel centro storico contro i 47,7 nelle zone periferiche).

Per quanto riguarda i singoli quartieri (vedi Tavola 7) nell’arco degli ultimi dodici mesi Reno (+164 unità; +0,5%), Porto (+135; +0,4%) e San Vitale (+71; +0,2%) sono le tre realtà che hanno registrato un leggero aumento di popolazione. Sul fronte opposto le riduzioni più consistenti in termini assoluti hanno riguardato invece il quartiere Savena (-510 residenti; -0,8%) e Borgo Panigale (-217 residenti; -0,9%). Metà delle 18 zone cittadine, nel medesimo periodo, hanno visto diminuire la loro popolazione. Galvani (-1%) e Santa Viola (1,8%) sono le realtà che occupano le due posizioni estreme.

L’entità della crescita che ha caratterizzato durante l’ultimo biennio la presenza straniera nella provincia di Bologna emerge con chiarezza dalla documentazione riportata (vedi Tavola 8). I residenti stranieri alla fine del 1998 hanno raggiunto le 24.389 unità (+3.145 residenti; +14,8% rispetto alla fine del 1997) e rappresentano ormai il 2,7% della popolazione complessiva.

Fra gli stranieri residenti i cittadini dei paesi africani (in primo luogo Marocco e Tunisia) e di quelli asiatici (principalmente Filippine e Cina) sono presenti con gruppi pari, rispettivamente, a 9.859 e a 6.186 unità e rappresentano, complessivamente, il 65,8% dell'intero collettivo. I residenti provenienti dai paesi europei (superiori alle 6.700 unità) costituiscono una quota pari al 27,6% del totale e per poco più di un terzo sono cittadini dell’Unione Europea.

Nel comune capoluogo gli stranieri residenti al 31 dicembre 1998 hanno raggiunto (vedi Tavola 9) le 12.490 unità (+1.511; +13,8% rispetto alla fine del 1997), continuando ad aumentare anche durante l’anno in corso (+1.301; +10,4% fra gennaio ed agosto 1999) e approssimando al 31 agosto 1999 le 13.800 unità.

Questi andamenti, congiuntamente alla fase di riduzione della popolazione complessiva, contribuiscono al progressivo aumento del peso dei cittadini stranieri rispetto al totale dei residenti (dal 3,3% registrato al termine dello scorso anno al 3,6% dell’agosto 1999).

L’importanza assunta, soprattutto a seguito della "sanatoria Dini", dai ricongiungimenti familiari ha comportato un ridimensionamento della presenza maschile all’interno di questo gruppo: i maschi, che alla fine del 1994 rappresentavano il 58% di tutti gli stranieri, hanno visto nel corso dell’ultimo periodo ridursi il loro peso fino al 53% rilevato al 31.8.1999.

La struttura per età degli stranieri appare contraddistinta da una fortissima presenza di individui giovani e, ovviamente, da una sottorappresentazione delle persone anziane. Il 71,2% dei cittadini esteri si colloca infatti fra i 15 ed i 44 anni. In particolare sono proprio le età caratterizzate dai più elevati tassi di attività (30-44 anni) quelle che pesano maggiormente (43,5%). Sul versante opposto, invece, gli anziani costituiscono l’1,3% del totale. A titolo di confronto è sufficiente ricordare che fra il complesso dei bolognesi residenti il peso della classe 30-44 è pari al 22,7%, mentre gli anziani di 65 anni e più costituiscono ormai il 26% del totale.

Significative sono anche le differenze riscontrabili per la classe di età più giovane. I bolognesi con meno di 15 anni costituiscono infatti il 9% di tutti residenti mentre rappresentano ben il 15,5% della componente straniera.

Fra gli stranieri residenti i cittadini dei paesi asiatici (36,6% del totale) e di quelli africani (28,5%) sono presenti con gruppi pari, rispettivamente, a 5.041 e a 3.926 unità. Marocco (1.803 residenti), Filippine (1.675) e Cina (1.129) sono nell’ordine i tre paesi con le rappresentanze più numerose. I residenti provenienti dai paesi europei (superiori alle 3.700 unità) costituiscono una quota pari al 27,4% del totale e nel 40% dei casi sono cittadini dell’Unione Europea.

Durante lo scorso anno è proseguita la crescita dei nuclei familiari residenti nel comune e nella provincia di Bologna (vedi Tavola 10). Alla data del 31 dicembre 1998, le famiglie residenti nell’intera provincia superavano le 395.000 unità (5.000 in più rispetto alla fine del 1997; +1,3%); mentre nel comune capoluogo erano oltre le 180.000 unità (1.500 in più; +0,9%).

Crescono, in termini assoluti e relativi, le famiglie unipersonali che, al termine del 1998, oltrepassano a Bologna le 68.700 unità (+2.400 rispetto al 1997; +3,6%). Le famiglie con un solo componente rappresentano ormai il 38,1% di tutti i nuclei residenti a Bologna contro il 30,3% ed il 19,7% delle famiglie costituite, rispettivamente, da due e da tre persone (vedi Tavola 11).

La conseguenza diretta di tale andamento è riscontrabile nella dimensione familiare media diminuita al termine dello scorso anno a 2,09 componenti per nucleo (contro i 2,12 del 1997).

Nei primi otto mesi del 1999 le famiglie bolognesi hanno conosciuto un’ulteriore crescita di circa 1.300 unità (vedi Tavola 11) derivante dall’espansione dei nuclei unipersonali (+1.879; +2,7%) e delle famiglie con due componenti (+207; +0,4%) e, parallelamente, dal ridimensionamento di quelle formate da tre o più individui.

2. Le tendenze sociali

2.1 L'istruzione

a) I nidi e le scuole dell'infanzia

La leggera ripresa delle nascite registrata nella seconda metà degli anni ‘90 ha comportato una significativa crescita dell’utenza potenziale dei servizi per l’infanzia gestiti dal Comune di Bologna. La consistenza numerica dei bambini in età 0-2 anni è passata infatti dalle 6.655 unità del 31.12.1995 alle 7.573 del 31.12.1998 con un aumento del 13,8%. Limitando l’osservazione al periodo più recente si può rilevare invece che nel 1998 la crescita è stata pari al 3,3%, mentre i primi 6 mesi del 1999 risultano contraddistinti da una sostanziale stabilità.

Passando ora ad esaminare l’andamento dell’offerta dei nidi comunali si può rilevare che nel 1999-2000 (vedi Tavola 12) il numero dei posti è cresciuto, rispetto all’anno educativo precedente, di 30 unità raggiungendo complessivamente le 2.148 unità (1.988 nei nidi tradizionali e 160 in quelli part-time).

A ciò occorre aggiungere che la razionalizzazione dell’offerta (con la trasformazione di posti per semidivezzi/divezzi in posti per lattanti) e l’adeguamento della capienza delle strutture alla domanda crescente di nuovi ingressi ha determinato l’attivazione di 413 posti per lattanti (contro i 355 dell’anno precedente) e di 1.735 posti destinati ai bambini più grandi (contro i 1.763 del 1998-99).

Ai nidi comunali si sono via via affiancate altre esperienze. In particolare è stata realizzata una convenzione che ha consentito l’apertura di 30 nuovi posti presso una struttura gestita da privati (ex-Botteghe di transizione) nel quartiere Porto. Durante l’anno educativo 1999-2000 dovrebbe essere avviato anche il progetto educatrici familiari.

Nel 1999 si è inoltre consolidato il progetto "Un anno in famiglia". Il numero degli assegni erogati - a favore dei genitori che intendono usufruire del periodo di aspettativa facoltativa nel primo anno di vita del figlio - è aumentato rispetto al 1998 e dovrebbe raggiungere le 125 unità.

Il complesso dei servizi per la prima infanzia del Comune di Bologna dovrebbe quindi consentire il raggiungimento di un tasso di copertura superiore al 30%, di livello pressoché analogo a quello degli anni più recenti.

La dinamica demografica ha finora influito solo marginalmente sull’utenza potenziale della scuola dell’infanzia. I bambini fra 3 e 5 anni sono passati infatti dalle 6.715 unità del 31.12.1995 alle 6.777 del 31.12.1998 con un aumento appena dello 0,9%. Con riferimento al periodo più recente, invece, si osserva una leggerissima flessione durante il 1998 (-0,2%), seguita da una decisa risalita nei primi 6 mesi del 1999 (+3,1%).

Questi andamenti sono stati accompagnati da un lieve incremento dell’offerta nelle scuole dell'infanzia gestite dal Comune di Bologna. Il numero di sezioni attivate negli anni scolastici 1998-99 e 1999-2000 (vedi Tavola 13) è stato rispettivamente di 206 e 207 unità, mentre gli iscritti all’inizio dell’anno scolastico sono passati da 5.018 a 5.114 unità (+1,9%).

Nell’anno scolastico in corso gli alunni delle 23 sezioni (tre in più rispetto al 1998-99) attivate presso le scuole dell'infanzia statali sono pari a 557 unità (+81) e rappresentano poco meno del 10% di tutti gli iscritti alle scuole pubbliche.

Il numero di bambini che si rivolgono alle 66 sezioni attivate dalle strutture autonome nel 1999-2000 raggiunge le 1.707 unità (+78 rispetto all’anno precedente).

L’utenza reale delle scuole di infanzia è dunque ripartita nell’anno scolastico 1999-2000 per il 69,3% nelle strutture comunali, per il 23,2% in quelle autonome e per il 7,5% in quelle statali.

Il tasso di copertura della scuola pubblica - ottenuto come rapporto fra gli iscritti alle scuole (comunali e statali) e la popolazione in età 3-5 anni - supera l'81%. In particolare le scuole comunali accolgono il 73,2% dell’utenza potenziale contro l’8% delle statali. Il tasso di copertura delle scuole autonome permane, infine, su valori poco distanti dal 25%.

Il tasso di copertura dell’utenza potenziale da parte del sistema integrato di scuole dell’infanzia appare prossimo al 106% e conferma, ancora una volta, la frequenza delle scuole dell’infanzia bolognesi da parte di un rilevante numero di bambini provenienti dai comuni limitrofi.

b) Le scuole dell'obbligo e le scuole secondarie superiori

La recente dinamica demografica ha avuto effetti ben evidenti sulla consistenza dell’utenza potenziale della scuola elementare. Fra il 31.12.1995 ed il 31.12.1998, i bambini in età 6-10 anni sono aumentati infatti su scala comunale del 7,8%.

Parallelamente, nell'anno scolastico 1998-99 gli alunni della scuola primaria (vedi Tavola 14) si sono attestati sulle 11.704 unità con un incremento, rispetto all'anno precedente, di 336 unità (+3%). Le prime indicazioni sull’anno scolastico in corso, testimoniano un ulteriore rafforzamento della crescita (circa 100 unità in più; +0,9%).

Dopo un lungo periodo di calo (-2,1% nel periodo 31.12.1995-31.12.1998), i primi timidi segnali di un’inversione di tendenza iniziano a manifestarsi anche fra gli utenti potenziali della scuola media inferiore. Il numero dei giovani compresi fra gli 11 ed i 13 anni, infatti, rimane pressoché stabile nel corso dell’ultimo biennio e si rafforza durante i primi sei mesi del 1999.

Queste tendenze non hanno per il momento ripercussioni significative sull’andamento degli iscritti alla scuola media (vedi Tavola 14). Nell’anno scolastico 1998-99 gli alunni diminuiscono, in rapporto all’anno precedente, di 100 unità (-1,6%) e i primi dati forniti per l’anno scolastico 1999-2000 dal Provveditorato agli studi di Bologna segnalano un ulteriore ridimensionamento degli iscritti.

Di portata ancora sostenuta appare, infine, il calo (-10%) dell’utenza potenziale della scuola secondaria superiore (14-18 anni) che contribuisce direttamente alla rilevante riduzione degli studenti. Fra gli anni scolastici 1997-98 e 1998-99 (vedi Tavola 14) la consistenza degli iscritti si riduce di 606 unità (-3,6%). I dati disponibili per l’anno in corso indicano un arretramento più limitato delle iscrizioni (-0,7%).

Nel 1998-99 i percorsi scolastici che nella scuola pubblica attraggono il maggior numero di studenti sono, nell’ordine, i licei scientifici (con il 26,5% di tutti gli iscritti), gli istituti professionali (18,7%), gli istituti tecnici industriali (14,9%), quelli commerciali (11,8%) ed i licei classici (10,5%).

Gli iscritti agli istituti tecnici e professionali gestiti dal Comune di Bologna raggiungono nell’anno scolastico in corso le 2.299 unità (-4,4% rispetto all’anno precedente). In particolare, le Aldini Valeriani contano un numero di iscritti pari a 1.576 unità (+39; +2,5% rispetto al 1998-99), mentre gli effettivi delle Sirani sono pari a 723 unità (-145; -16,7%).

Bisogna inoltre ricordare che gli istituti medi superiori gestiti dal Comune di Bologna accolgono (vedi Tavola 15) una quota assai significativa di giovani (pari, nel 1998-99, al 48,9% del totale) provenienti dagli altri comuni della provincia di Bologna e, primi fra tutti, da quelli confinanti (Castel Maggiore, 4,4% e Calderara di Reno, 3,8%).

c) L'Università

L’onda lunga della denatalità è giunta a lambire anche l’Ateneo bolognese determinando, ormai ininterrottamente da quattro anni, un calo di entità via via crescente del numero di nuovi ingressi. Dopo il lievissimo calo registrato nel 1996-97, (vedi Tavola 16) gli iscritti al primo anno sono diminuiti del 6% e del 4,4% nei due anni accademici successivi. Il ridimensionamento proseguirebbe anche nell’anno in corso e riguarderebbe, secondo le prime indicazioni disponibili, circa il 2% degli immatricolati al primo anno.

Anche la crescita della popolazione universitaria complessiva appare affievolirsi rispetto ai ritmi decisamente sostenuti dell’ultimo decennio. Gli iscritti nel 1998-99 approssimano in totale le 100.000 unità (l’1,5% in più sul 1997-98).

Il programma di decongestionamento di Bologna ha condotto ad una struttura Multicampus che si articola nelle sedi di Bologna, Forlì, Rimini, Ravenna e Cesena. Nello scorso anno accademico gli iscritti nelle sedi romagnole hanno raggiunto ormai il 16% degli iscritti complessivi, mentre la quota di quelli al primo anno ha superato il 22%. In particolare la sede di Forlì accoglie il 5,9% di tutti gli iscritti, seguita da quella di Cesena con il 4,2%, nonché da Rimini e da Ravenna rispettivamente con il 3,1 ed il 2,8%.

Il decentramento dell’ateneo bolognese ha permesso ad un numero crescente di studenti romagnoli di svolgere il proprio percorso formativo nella provincia di residenza. Nel 1998-99 ben il 39% dei romagnoli iscritti all’ateneo bolognese studia presso le quattro sedi romagnole.

In sintonia con quanto accade a livello nazionale, l’università di Bologna si confronta con la nuova situazione di riduzione delle iscrizioni diversificando ed ampliando la propria offerta formativa. Nell’anno accademico che si è appena aperto sono state attivate due nuove facoltà: Architettura (Cesena) e Scienze motorie (Bologna).

La distribuzione degli iscritti fra i diversi percorsi di studio (vedi Tavola 17) evidenzia una decisa preponderanza della facoltà di Lettere e Filosofia, che nel 1998-99 accoglie il 16,3% di tutti gli studenti, ed è seguita da Giurisprudenza (14,4%), Economia (13,8%) ed Ingegneria (13,2%). Le altre tredici realtà, con la sola eccezione di Scienze politiche (9,2%), Scienze matematiche, fisiche e naturali (7,3%), Scienze della formazione (5,5%) e Medicina e Chirurgia (4,1%) incidono singolarmente per una quota mai superiore al 3% degli iscritti in complesso.

Per quanto riguarda infine gli 8.460 laureati ed i 265 diplomati che hanno conseguito il titolo nel 1998 (vedi Tavola 18) si può ricordare che sono costituiti per il 54,7% da donne (il 55,1% dei laureati ed il 41,5% dei diplomati) e che - analogamente a quanto riscontrato per gli iscritti - si trovano ampiamente rappresentate le facoltà di Giurisprudenza (16,4% del totale), di Economia (15,1%), di Lettere e Filosofia (14,2%) e di Ingegneria (12,3%).

 2.2 La sanità

a) Le cause di morte

La causa di morte che ha inciso maggiormente fra la popolazione residente è anche per il 1998 quella relativa alle malattie del sistema circolatorio (vedi Tavola 19). Le morti causate da questo gruppo di cause (fra le quali sono comprese l’infarto miocardico, l’ictus cerebrale, l’ipertensione arteriosa, ecc.) hanno riguardato nello scorso anno ben 2.101 casi (pari al 39,5% del totale) ed hanno registrato un aumento del 5,4% sul 1997.

Anche se in regresso rispetto all’anno precedente (-3,1%), la seconda causa di morte in ordine di importanza risultano i tumori ai quali nel 1998 sono attribuibili 1.611 decessi pari, percentualmente, al 30,3% dei morti residenti complessivi.

In posizione nettamente distaccata si trovano collocate le malattie del sistema respiratorio (7,6%), le cause esterne dei traumatismi e avvelenamenti (4,7%), le malattie delle ghiandole endocrine e del metabolismo (3,3%) - che, anche per effetto della diminuzione dei morti per Aids, vedono la loro incidenza ridursi - e dell’apparato digerente (3,1%).

b) Le strutture ospedaliere

I principali indicatori di attività degli istituti di cura pubblici di Bologna e provincia pongono in risalto, con riferimento al 1998, i tratti salienti del sistema sanitario metropolitano bolognese (vedi Tavola 20).

I 4.382 posti letto disponibili su scala provinciale (350 in meno rispetto al 1997; -7,4%) risultano localizzati nel modo seguente:
- il 39,7% (1.741 posti letto) nell’Azienda Ospedaliera S. Orsola-Malpighi;
- il 25,5% (1.119 posti letto) nelle strutture ospedaliere dell'Azienda USL Città di Bologna (e, in particolare, 777 nell’Ospedale Maggiore, 285 nell’Ospedale Bellaria e 47 nella Clinica malattie nervose e mentali);
- il 7,7% (338 posti letto) nell'Istituto Ortopedico Rizzoli;
- il 27% (1.184 posti letto) nelle strutture ospedaliere delle altre Aziende USL della provincia.

I degenti degli istituti di cura pubblici dell'intera provincia hanno raggiunto nel 1998 le 188.758 unità (-2,4% rispetto all’anno precedente), con un numero di giornate di degenza pari a 1.348.773 (-3,4%) ed un’ulteriore lieve contrazione della durata media della degenza (7,15 giornate).

A Bologna città, nel 1998, c’erano 3.198 posti letto pubblici, con un calo di circa 330 unità rispetto al 1997 (-9,3%). Più della metà di questi posti letto (54,4%) sono collocati presso l’azienda ospedaliera S. Orsola-Malpighi, dove vengono accolti il 56,7% dei degenti e prodotte il 53,2% delle giornate di degenza.

I pazienti dimessi nel 1997 dai presidi ospedalieri pubblici e dalle case di cura private che sono localizzate nel comune di Bologna appartengono (vedi Tavola 21) per il 47,1% alla Azienda USL Città di Bologna. Dalle aziende degli altri comuni della provincia e delle altre province emiliano-romagnole giungono, rispettivamente, il 28% ed il 9,5% dei dimessi. Un ruolo significativo è occupato inoltre dai pazienti extra-regionali (14,8% del totale dei dimessi).

I dipendenti delle Aziende Usl della provincia di Bologna ammontavano nel 1998 a 15.499 unità (+0,6% rispetto al 1997) e per oltre il 62% risultano in carico all’Azienda USL Città di Bologna e all’Azienda ospedaliera di Bologna (vedi Tavola 22).

c) La tossicodipendenza

Durante il 1998 i tossicodipendenti in carico ai servizi cittadini (vedi Tavola 23) sono stati 1.265; fra questi i nuovi utenti hanno raggiunto le 263 unità, mentre coloro che, con o senza interruzione del rapporto, erano già stati in carico ammontano a 1.002. Rispetto all’anno precedente, a fronte di una sostanziale invarianza del carico complessivo, si riscontra un incremento del numero dei nuovi utenti ed una riduzione di quanti avevano già avuto una precedente esperienza, interrotta o continuativa, con i servizi tossicodipendenza.

Come viene posto in evidenza in una recente pubblicazione dell’Osservatorio per le Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL Città di Bologna, l’89,3% dei tossicodipendenti in carico ai Sert risiede in città, il 3,9% nella provincia, lo 0,3% nelle altre province dell’Emilia-Romagna, il 6,4% fuori regione e lo 0,1% all’estero. Il 19,6% degli utenti è inserito in comunità e il 42,9% è senza lavoro. Il suddetto rapporto sottolinea inoltre che l’età media dei soggetti seguiti dalle strutture dell’Azienda USL è di circa 33 anni e che sono nettamente prevalenti i maschi (3 maschi ogni femmina).

d) L’Aids

Il rapporto pubblicato nello scorso giugno dall’Istituto Superiore di Sanità rileva che "la diminuzione dell’incidenza dei casi di Aids osservata a partire dalla metà del 1996 si conferma anche per il 1998". Aggiungendo, peraltro, che "la repentina diminuzione di casi verificatasi negli ultimi due anni e mezzo è difficilmente attribuibile ad una riduzione dell’infezione da HIV." D’altronde come è stato posto in evidenza da molti studi l’Italia, analogamente ad altri paesi industrializzati, è stata interessata da "una rapida e larga diffusione di nuove terapie di combinazione con 2 o più farmaci antiretrovirali ed è stata largamente confermata l’efficacia di tali combinazioni nel ridurre il rischio di patologie HIV-correlate e di morte."

Lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità riporta inoltre "i tassi di incidenza per regione di residenza, calcolati in base ai soli casi segnalati negli ultimi 12 mesi" dai quali emerge che le regioni più colpite sono nell’ordine: la Lombardia ed il Lazio (entrambe con tassi pari a 7,4 ogni 100.000 abitanti), la Liguria (6,3), l’Emilia-Romagna (5,4).

La documentazione a supporto di tale ricerca evidenzia peraltro che, durante il 1998, il numero di nuovi casi (tasso di incidenza) nella nostra provincia è stato pari a 6 ogni 100.000 abitanti. Quest’ultimo valore rileva una diffusione della malattia certamente inferiore a realtà quali Roma, Milano, Brescia, Rimini, Lodi e Grosseto caratterizzate dai tassi di incidenza più elevati (compresi fra l’8,8 ed il 7,5 per 100.000 abitanti).

In sintonia con gli andamenti registrati su scala nazionale, anche Bologna è interessata da un sensibile declino dei casi di Aids.

Dalla documentazione per il 1998 relativa ai nuovi casi e ai morti per Aids nella nostra città (vedi Tavola 24) si ricava che, fra gennaio e dicembre, i nuovi casi denunciati fra i residenti bolognesi si sono ridotti a 34 (contro i 44 del 1997) e, in misura ancora più netta, sono diminuiti i morti: dai 37 decessi per Aids registrati nel 1997 si è passati infatti ai 25 dello scorso anno.

Il trend in questione è proseguito anche nella prima metà dell’anno in corso. I morti fra gennaio e agosto sono divenuti 12 (contro i 19 dell’anno precedente).

2.3 Le politiche familiari

Nel 1999 si sono, ancora una volta, intrecciati servizi e interventi rivolti alle famiglie già a regime e innovazioni prodotte da norme diverse come la L. 285/97 "promozione di diritti e opportunità per l'infanzia e l'adolescenza" e la legge 448/98.

In specifico, questi i servizi consolidati:
- Il progetto "un anno in famiglia" (ex L. 1204) che ha consentito l'integrazione del reddito nel periodo di astensione facoltativa dal lavoro dopo la nascita di un figlio/a di circa 120 nuclei familiari, per un ammontare della spesa pari a L. 700 milioni (di cui 600 a bilancio e 100 sui finanziamenti ex L. 285/97).
- Il servizio di consulenza legale che ha offerto consulenza a circa 200 persone.
- Il servizio di mediazione familiare che ha coinvolto circa 70 nuclei familiari.
- Lo spazio di ascolto e sostegno alle difficoltà educative e relazionali dei genitori con il coinvolgimento di circa 180 famiglie (dato cumulativo dell'attività del centro di via Rigola e del centro del quartiere Navile).
- Il servizio di prestiti sull'onore a favore delle famiglie con figli minori che ha interessato circa 60 nuclei.

2.4 I servizi socio-assistenziali per gli anziani

Nel 2000 i servizi per gli anziani delegati ai Quartieri presenteranno il seguente sviluppo (vedi Tavola 25):
- il numero medio degli assistiti in strutture residenziali (case di riposo, case protette e RSA) salirà da 951 a 1.059 grazie all’apertura delle due RSA comunali di via Calvi e via Campana con una disponibilità complessiva di 120 posti;
- il numero medio degli utenti del servizio di assistenza domiciliare salirà da 1.792 a 1.847 e le ore erogate passeranno da 351.186 a 363.255 (sono inoltre a disposizione dei Quartieri ulteriori 300 milioni da destinare in corso d’anno a progetti di potenziamento dell’assistenza domiciliare);
- il numero dei posti offerti nei centri diurni salirà da 201 a 210 e le persone collegate al servizio di telesoccorso dovrebbero passare da 255 a 500 (inclusi gli allacciamenti a totale carico dell’utenza).

Si conferma così la tendenza al potenziamento di questi servizi che nel 1999 aveva visto aumentare significativamente gli utenti e le ore del servizio di assistenza domiciliare e salire i posti offerti nei centri diurni da 140 a 201.

Il complesso delle risorse messe a disposizione dei Quartieri per gli interventi a favore degli anziani (compresi anche buoni mensa, vacanze in città e sussidi per l’autonomia) sale quindi da 32,4 miliardi nel 1998 a 34,7 nel 1999 e a 38,1 nel 2000.

2.5 Sicurezza e microcriminalità

Il tema della sicurezza nella nostra città viene sviluppato a partire dagli ultimi due Rapporti annuali su tali problematiche curati dal "Progetto Città sicure" della Regione Emilia Romagna e dall’aggiornamento al 1998 della documentazione statistica (vedi Tavola 26).

Prima di passare in rassegna gli andamenti registrati dalle diverse tipologie di reati è sicuramente utile richiamare ancora una volta le considerazioni metodologiche e le precauzioni interpretative poste in evidenza ripetutamente dagli autori dei Rapporti, e cioè che: "La statistica sulla delittuosità non indica l’andamento della criminalità reale, ma unicamente il variare quantitativo dei fatti di reato che sono venuti a conoscenza delle forze di polizia: in altri termini questo dato è in funzione tanto dell’andamento reale della criminalità, quanto della propensione denunciataria e del suo variare nel tempo e nello spazio che della efficienza stessa delle agenzie preposte alla repressione dei reati."

I dati più recenti paiono indicare l’allineamento, sotto questo aspetto, della situazione di Bologna a quella dei maggiori comuni capoluogo. Con la sola eccezione delle truffe, tutti i reati analizzati mostrano nel comune di Bologna una crescita rilevante nel corso del 1998, con punte particolarmente marcate per quanto riguarda i furti in appartamento (+32,6% rispetto al 1997), le rapine (+26,2%) e gli scippi (+25,7%).

L’esame degli indicatori costruiti come rapporti fra la consistenza dei singoli reati denunciati in un determinato anno e l’ammontare complessivo della popolazione residente consente il confronto con i centri delle altre grandi aree metropolitane ed aggiunge ulteriori elementi di riflessione.

La prima osservazione che emerge operando questo tipo di raffronto riguarda il numero di borseggi ogni 100.000 abitanti che durante lo scorso anno nella nostra città è aumentato ulteriormente (1.719 ogni 100.000 abitanti) ed è risultato il più elevato fra quelli dei principali capoluoghi italiani.

Durante il 1998 è cresciuto in misura significativa anche il totale delle rapine con un tasso che è divenuto pari a 173 ogni 100.000 residenti (contro i 136 riscontrati nell’anno precedente). Per questo tipo di reato Bologna è posizionata nel 1998 al terzo posto fra i grandi comuni dietro a Milano e Torino.

Per quanto riguarda i furti su autoveicoli si può notare che pur in presenza di un incremento del tasso di tale reato il valore raggiunto a Bologna nel 1998 (1.349 ogni 100.000 abitanti) rimane su livelli inferiori a quelli raggiunti all’inizio degli anni ‘90.

I furti in appartamento, dopo la riduzione sensibile registrata su scala comunale nel 1995, denotano nello scorso anno un’ulteriore e decisa risalita (707 ogni 100.000 residenti contro i 531 del 1997). È utile ricordare che ancora nel 1997 il livello bolognese risultava fra i più contenuti nel confronto con gli altri capoluoghi emiliano-romagnoli.

Modesti, rispetto all’anno precedente, appaiono i mutamenti registrati per i furti di autoveicoli. I reati di questo tipo denunciati sono pari nell’ultimo anno a 916 ogni 100.000 abitanti (contro gli 892 del 1997).

Le truffe sono invece in controtendenza rispetto all’andamento degli altri reati analizzati e su livelli lievemente inferiori a quelli del biennio 1996-1997. A Bologna nel 1998 sono state contate 323 truffe ogni 100.000 abitanti (rispetto alle 365 dell’anno precedente). Il raffronto con la situazione delle undici maggiori città italiane colloca il nostro capoluogo al secondo posto della graduatoria nazionale, ben distante da Milano che conta ben 607 truffe ogni 100.000 abitanti.

In leggero aumento appaiono infine i reati collegati allo spaccio degli stupefacenti (218 ogni 100.000 abitanti nel 1998 contro i 211 del 1997), mentre subiscono una crescita più decisa quelli legati alla prostituzione (24 ogni 100.000 abitanti nel 1998 contro i 15 del 1997).

3. Le tendenze economiche

3.1 Il quadro nazionale

Dopo la fase di debole crescita registrata dall’economia italiana nella prima metà del 1999 (in termini tendenziali il PIL è aumentato sia nel primo che nel secondo trimestre soltanto dello 0,8%), i segnali di un’inversione di tendenza incominciano a intravedersi con l’inizio dell’estate.

Tuttavia, le prime indicazioni sul terzo trimestre inducono Prometeia a prevedere che difficilmente la crescita media nel corso dell’anno - pur scontando una decisa accelerazione nell’ultimo trimestre 1999 - sarà superiore all’1,1%.

È prevalentemente la domanda interna a sostenere la ripresa, consumi ma anche e soprattutto investimenti, mentre la componente estera contribuisce negativamente alla crescita del PIL.

All’origine della debolezza che ha caratterizzato i primi sei mesi del 1999 ci sono varie cause, a cominciare dalla crisi internazionale partita dall’Asia orientale ed estesasi poi alla Russia, al Sud America e a molti paesi emergenti. Tale crisi ha giocato un ruolo decisivo nella caduta delle esportazioni italiane che, oltre all’ultimo trimestre del 1998, ha interessato anche il primo semestre del 1999 (con una variazione rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente pari a -3,7%).

Di segno opposto è risultata invece la dinamica delle importazioni di beni e servizi cresciute - sempre in termini tendenziali - fra gennaio e giugno 1999 dell’1,6%. Tutto ciò può essere ascritto, in larga parte, alla forte domanda di investimenti resa esplicita dall’aumento sostenuto del valore degli acquisti all’estero di beni di investimento (+13,9% nei primi sei mesi dell’anno in corso).

Esaminando l’andamento della produzione industriale, che rappresenta il principale e più tempestivo indicatore della congiuntura dell'economia reale, si può rilevare che, pur in presenza di un prolungato andamento altalenante degli indici mensili, la situazione dell’industria appare caratterizzata da spunti di ripresa emersi a partire da giugno, confermati in luglio ed agosto e parzialmente smentiti dal dato di settembre.

Nei primi nove mesi dell’anno l’attività produttiva è diminuita dall’1% rispetto allo stesso periodo del 1998, con flessioni più sostenute per il tessile-abbigliamento (-5,9%), i metalli e i prodotti in metallo (-5,6%), le pelli e le calzature (-4,9%) e gli apparecchi elettrici e di precisione (-4,2%).

In aumento invece la produzione dell’industria della carta (+5,5%), del legno (+4,6%), dell’energia elettrica, gas e acqua (+3,5%), della lavorazione dei minerali non metalliferi (+3,1%) e degli alimentari (+2,1%).

Come si è già ricordato in precedenza la domanda interna ha contribuito in misura decisiva a sostenere la dinamica del PIL nel primo semestre del 1999. Il raffronto con il corrispondente periodo dell’anno precedente fa registrare un +1,5% per la spesa delle famiglie ed un +2,1% per gli investimenti fissi lordi. In particolare, per quest’ultima componente della domanda interna sono stati i mezzi di trasporto (+6,4%) e le costruzioni (+2%) a rivelare l’accelerazione più consistente.

La seconda parte dell’anno dovrebbe mostrare un graduale rafforzamento dei consumi delle famiglie, con un incremento medio annuo pari, secondo le stime di Prometeia, all’1,7%. La più favorevole evoluzione del reddito disponibile (che nel 1999 dovrebbe crescere attorno all’1%) si tradurrebbe quindi in un aumento della propensione al consumo.

Anche le prospettive relative agli investimenti sono orientate positivamente. A stimolare l’attività di investimento dovrebbero concorrere i tassi di interesse che si mantengono moderati e le agevolazioni introdotte dalla normativa fiscale.

L’economia italiana, nonostante abbia superato il punto di maggiore rallentamento, è cresciuta - e continuerà a crescere - tuttavia secondo ritmi che, insieme a quelli tedeschi, sono sensibilmente inferiori a quelli degli altri paesi dell’area dell’euro.

Un fronte che suscita qualche preoccupazione è quello dell’inflazione. Le ultime indicazioni (ad ottobre: tasso tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati pari all’1,8%, contro il 2% del tasso tendenziale relativo all’indice per l’intera collettività) confermano la presenza di spinte al rialzo sia di origine internazionale (rincaro del petrolio), sia collegate all’adeguamento dei prezzi "sorvegliati" (acqua, trasporti, assicurazioni, ecc.). Ciò che preoccupa maggiormente - soprattutto per le possibili ripercussioni negative in termini di competitività - è tuttavia il differenziale esistente (pari circa ad un punto percentuale) fra i livelli di inflazione italiani e quelli dei nostri partner europei più virtuosi (Germania e Francia in primo luogo).

In ulteriore miglioramento appare lo stato dei conti pubblici. Il fabbisogno del settore statale relativo ai primi otto mesi dell’anno ha registrato una flessione tendenziale superiore alle attese; ciò consentirà di raggiungere senza alcun problema l’obiettivo del 2,4% per il rapporto tra deficit pubblico e PIL.

Segnali incoraggianti giungono anche dal mercato del lavoro. Secondo la rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro condotta dall’Istituto nazionale di statistica il numero degli occupati a luglio 1999 è risultato pari a circa 20,9 milioni di unità, con un incremento di 256.000 unità (+1,2%) nel confronto con lo stesso mese dello scorso anno. L’aumento su base annua dell’occupazione ha beneficiato della forte crescita delle forme di lavoro atipico; il contributo effettivo degli specifici istituti contrattuali è stato nell’ultimo anno di 191.000 unità (il 74,6% della crescita complessiva dell’occupazione).

A livello settoriale l’incremento annuo più significativo (+2,1) è stato registrato dal settore dei servizi (in primo luogo dai comparti del commercio, alberghi e pubblici esercizi e dei servizi alle imprese) e delle costruzioni. In netto ed ulteriore calo risulta invece l’agricoltura (-4,4%), mentre l’industria in senso stretto denota un periodo di sostanziale stagnazione (-0,2%).

A seguito degli andamenti descritti si riduce lievemente il tasso di disoccupazione, passando dall’11,4% del luglio 1998 all’11,1% dell’ultima rilevazione.

Segnali di pesantezza provengono dall’andamento delle ore autorizzate dalla Cassa integrazione guadagni per interventi ordinari di natura anticongiunturale. Fra gennaio e giugno l’aumento, rispetto allo stesso periodo del 1998, è stato del 63,2%.

3.2 Il quadro regionale

Il quadro congiunturale regionale che emerge dai rapporti predisposti dall’Unione Regionale delle Camere di Commercio appare caratterizzato, nel periodo gennaio-giugno 1999, da risultati moderatamente positivi. Dopo la sostanziale stagnazione riscontrata nei primi tre mesi dell’anno, il secondo trimestre 1999 fa registrare un aumento tendenziale della produzione dell’industria manifatturiera emiliano-romagnola dell’1,1%.

Gli andamenti settoriali sono caratterizzati da aumenti compresi fra lo 0,1% delle cartiere ed il 6,7% dei mobilifici. I cali più consistenti riguardano invece le industrie della gomma (-13,9%), del legno (-8,3%) e dei metalli e loro leghe (-6,9%).

L’importante settore metalmeccanico è cresciuto di appena lo 0,8% migliorando tuttavia il risultato negativo (-1%) conseguito nei primi tre mesi del 1999.

La domanda è apparsa in lieve accelerazione rispetto al primo trimestre, rimanendo tuttavia ancora al di sotto dell’andamento dei dodici mesi precedenti. La variazione tendenziale complessiva è stata pari al 2,4% (contro il 3,6% registrato dodici mesi prima). Il rallentamento più vistoso ha riguardato la domanda estera cresciuta soltanto del 2,8% (oltre due punti percentuali in meno rispetto alla media dei dodici mesi precedenti).

Il modesto aumento degli ordini interni (2,2% contro il 2,9% precedente) è la risultante di andamenti settoriali alquanto differenziati. Accanto agli aumenti significativi delle piastrelle, dei mezzi di trasporto, dell’alimentare e delle pelli-cuoio e calzature si manifestano le contrazioni delle industrie chimiche, dei metalli e loro leghe e della gomma.

Le indagini sulle forze di lavoro condotte trimestralmente dall’Istat rilevano, su scala regionale, un aumento nel corso del 1999 del tasso di occupazione che nel mese di aprile (49%) risulta lievemente superiore a quello riscontrato dodici mesi prima (48,3%) e al valore medio del 1998 (48,7%). In regresso appare il livello della disoccupazione emiliano-romagnola: dal 5,9% e dal 5,7%, rispettivamente del mese di aprile e della media 1998, si è passati infatti al 4,9% dello scorso mese di aprile.

Nei primi sette mesi del 1999 la Cassa integrazione guadagni è stata caratterizzata dall’aumento degli interventi anticongiunturali. Le ore autorizzate dalla gestione ordinaria sono cresciute - in linea con le tendenze emerse a livello nazionale - del 38,8% rispetto allo stesso periodo del 1998. Fra gennaio e luglio 1999 le ore autorizzate dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria sono risultate invece in forte calo (-58,1% rispetto al corrispondente periodo del 1998).

Lo scenario disegnato, per il breve e medio termine, dal rapporto dell’Unione Regionale delle Camere di Commercio indica per il terzo trimestre 1999 un lieve aumento del ritmo di crescita della produzione industriale (attorno al 2%). L’ulteriore ripresa del ritmo di crescita, con valori superiori al 3%, è rinviata alla prima metà del 2000. Il consolidamento di questa fase dovrebbe consentire un periodo prolungato di crescita ed il mantenimento di ritmi elevati per tutto il 2001.

La crescita degli ordini esteri, sensibilmente superiore a quella degli ordini interni, continuerà a sostenere l’espansione della produzione industriale regionale. Le previsioni per i prossimi dodici mesi indicano un forte sviluppo della domanda interna (+4%). La crescita della domanda estera dovrebbe invece tornare sui livelli del 1998 dalla prima metà del 2000, per poi aumentare ulteriormente nella seconda parte dell’anno. La componente estera dovrebbe comunque essere contraddistinta nei prossimi dodici mesi da un +5,6%.

3.3 Il quadro provinciale

a) La produzione

Dopo avere rilevato per il 1998 una crescita produttiva ancora apprezzabile (media annua: +3,7%), il sondaggio svolto dalla Camera di Commercio presso un campione di industrie manifatturiere della provincia di Bologna denota, nel primo semestre dell’anno in corso, una parziale inversione tendenza.

La produzione nel semestre mostra un decremento tendenziale dell’1,2% sul corrispondente periodo del 1998; la fase di calo appare tuttavia in via di superamento sulla base degli andamenti congiunturali più recenti. Il secondo trimestre 1999 è stato caratterizzato, rispetto ai primi tre mesi dell’anno, da un incremento pari a +3,5%.

All’origine di questi risultati si trova una riduzione della domanda (-0,8% in termini tendenziali). La componente estera, che ammonta a circa un terzo di tutti gli ordinativi pervenuti alle aziende rilevate, nel primo semestre 1999 ha evidenziato un andamento sostanzialmente stazionario (+0,4% sullo stesso periodo 1998), mentre la domanda interna ha subito una flessione (-1,4%).

All’interno del panorama provinciale, il vasto comparto meccanico registra risultati relativamente meno favorevoli. Nella media del panel intervistato, la produzione del semestre è scesa del 2% sul corrispondente periodo dell’anno precedente.

Secondo il rapporto sull’economia bolognese predisposto dall’Ufficio studi della Camera di commercio, lo scenario a breve termine sembra orientarsi verso una ripresa che dovrebbe concretizzarsi in una crescita produttiva del 3,5%, accompagnata da incrementi degli ordini interni e di quelli esteri pari, rispettivamente, a +1,4% e a +1,6%.

b) Il movimento anagrafico delle imprese

Nel 1998 il sistema imprenditoriale della nostra provincia fa registrare un saldo attivo fra le imprese iscritte e quelle cancellate dal Registro delle Imprese gestito dalla Camera di commercio (vedi Tavola 27).

Al netto del settore "Agricoltura, caccia e pesca" - interessato in misura significativa dalle modifiche intervenute nella normativa sulle iscrizioni al Registro imprese - le nuove iscrizioni sono state infatti pari a 5.872 unità (+4,4%) mentre le cessazioni hanno raggiunto la quota di 5.281 unità (-8%). Lo stock delle imprese registrate è passato pertanto dalle 78.058 imprese di fine 1997 alle 78.680 registrate alla fine dello scorso anno.

Decisivi per il raggiungimento durante i primi sei mesi dell’anno in corso di sviluppi ancora più positivi sono apparsi i risultati conseguiti nel periodo aprile-giugno. Accanto ad un numero di iscrizioni (3.159) superiore a quello delle cancellazioni (2.578), si segnala infatti un lievissimo incremento, rispetto al dato di chiusura dell’anno precedente, del numero delle imprese attive (69.710 contro 69.368).

Il buon andamento del primo semestre rende ancora più evidente una tendenza di lungo periodo presente anche a livello nazionale: e cioè, il continuo e graduale accrescimento delle imprese che adottano, per la loro costituzione, una qualche forma societaria. Rispetto al giugno 1998, le società di capitale incrementano infatti la loro consistenza del 4,5%, quelle di persone registrano un +0,6%.

Le ditte individuali invece, nonostante il progressivo ridimensionamento (-0,7% nell’ultimo anno), continuano ad occupare alla fine di giugno 1999 una posizione di assoluta predominanza, sono oltre 39.000 unità, e rappresentano ben il 56,3% delle imprese attive. Al secondo posto si trovano collocate le società di persone che ammontano ad oltre 17.000 unità (24,6% delle imprese attive), seguite dalle 12.000 società di capitale (17,3%).

c) L'occupazione

L’indagine sulle forze di lavoro, condotta trimestralmente dall’Istat, evidenzia ancora una volta l’ottimo posizionamento di Bologna, sia in ambito nazionale che regionale (vedi Tavola 28). Nel 1998, infatti, il tasso di attività della nostra provincia è superiore di tre punti percentuali rispetto a quello nazionale (50,7% contro 47,7%). Il tasso di disoccupazione di Bologna (4,6%) - diminuito rispetto a quello dell’anno precedente (5,3%) - si posiziona ancora una volta notevolmente al di sotto del valore nazionale (12,3%). L’intonazione positiva del mercato del lavoro della nostra provincia si coglie anche dal secondo posto che Bologna occupa - subito dopo Brescia (4,4%) - nella graduatoria fra i tassi di disoccupazione delle 18 maggiori città italiane.

Positive sono anche le conclusioni che possono essere tratte dall’esame degli altri indicatori abitualmente utilizzati per analizzare il mercato del lavoro locale (vedi Tavola 29). Fra gennaio e giugno 1999 si è ridotta del 13,7%, rispetto al corrispondente periodo 1998, la media degli iscritti alla 1a classe (disoccupati e in cerca di prima occupazione) delle liste di collocamento. Sono aumentati, parallelamente, in misura assai consistente gli avviamenti al lavoro (+20,6%).

Raddoppiano, invece, durante i primi sette mesi del 1999 le ore concesse nella provincia di Bologna dalla gestione ordinaria della Cassa Integrazione Guadagni. Si passa infatti dalle 554.300 ore concesse tra gennaio e luglio 1998 alle 1.130.338 ore dello stesso periodo del 1999. Un andamento opposto si registra infine per gli interventi straordinari passati nel medesimo intervallo da 636.628 a 245.279 ore (-64,1%).

d) Il reddito prodotto

Le stime del prodotto interno lordo pro-capite delle province italiane durante il periodo 1991-1997 presentate dall’Istituto "G. Tagliacarne" nello scorso luglio consentono di apprezzare in maniera puntuale l’ottimo piazzamento su scala nazionale dell’area bolognese.

In ambedue gli anni considerati Bologna si presenta infatti al secondo posto della graduatoria nazionale stilata in base al prodotto interno lordo pro-capite espresso in lire 1997 (vedi Tavola 30). Il PIL pro-capite della nostra provincia, superato soltanto da quello della realtà milanese, approssima nel 1997 i 50 milioni di lire ed ha oltrepassato il livello medio italiano quasi del 60%.

Ma l’importanza economica del territorio bolognese emerge con chiarezza analizzando anche il contributo fornito al valore aggiunto nazionale complessivo. Fra il 1991 ed il 1996 Bologna rimane infatti stabilmente collocata al 5° posto - dopo Milano, Roma, Torino e Napoli - della graduatoria realizzata sulla base del contributo fornito dalle province al PIL italiano.

Nel 1996 (vedi Tavola 31) il valore aggiunto della nostra provincia rappresenta il 2,5% dell’intero reddito prodotto a livello nazionale. Più consistente appare peraltro il contributo fornito da Bologna nel comparto dei trasporti e delle telecomunicazioni (3,3%), degli altri servizi destinabili alla vendita (3,1%), del credito e delle assicurazioni (2,7%).

e) L'inflazione

Il rincaro del prezzo del petrolio (cresciuto del 50% rispetto allo scorso febbraio) unito ad una più generale fase di ripresa delle quotazioni delle materie prime, stanno creando qualche tensione sui prezzi interni dei paesi occidentali. Gli esperti reputano che il livello raggiunto dalle quotazioni del petrolio sia temporaneo e che nella primavera del prossimo anno il prezzo dovrebbe riprendere a scendere. Al di là degli scenari tratteggiati, restano però le ripercussioni sulla dinamica inflazionistica della repentina accelerazione dei prezzi dei prodotti energetici. In ambito nazionale il tasso tendenziale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati si colloca su livelli che variano tra l’1,3% di gennaio e l’1,8% di ottobre (vedi Tavola 32). Resta ancora da sottolineare che le prospettive a medio termine dovrebbero rimanere favorevoli anche grazie all’andamento del costo unitario del lavoro che mostra ormai da tempo una tendenza al rallentamento.

Il settore terziario che ha evidenziato, nel recente passato, le spinte inflazionistiche più rilevanti dovrebbe invece cogliere le opportunità offerte dalla progressiva apertura alla concorrenza di molte attività (telecomunicazioni e trasporti, in primo luogo). In un contesto di graduale liberalizzazione dei mercati, la maggiore concorrenza dovrebbe infatti costituire una delle premesse per il contenimento delle tensioni inflazionistiche.

A Bologna, l’evoluzione dei prezzi al consumo nel 1999 è stata contraddistinta da un tasso tendenziale che partito a gennaio con un valore pari a 1,8% è subito sceso all’1,5% di febbraio per poi risalire e raggiungere un massimo in aprile-maggio (1,9%). Poi, dopo il breve ripiegamento di giugno (1,6%), si è assistito dapprima ad una lievissima ripresa in luglio (1,7%) ed alla successiva tenuta nei mesi di agosto e di settembre. Ad ottobre si registra infine una risalita consistente del tasso tendenziale (2,2%) collegata, in larga parte, alla crescita dei prezzi del greggio che esce parzialmente ridimensionata dal risultato di novembre (2%).

Fra i capitoli che a Bologna evidenziano andamenti costantemente al di sotto dell’indice generale occorre ricordare le spese relative ad abitazione, acqua, energia e combustibili (dal -1,3% di gennaio all’1,7% di ottobre), i mobili, articoli e servizi per la casa (dall’1,1% all’1%) e le comunicazioni (dallo 0,5% al -2,4%).

Sul versante opposto, invece, mostrano andamenti superiori alla media i seguenti capitoli: i servizi sanitari e le spese per la salute (dal 2,3% al 3,2%) e gli alberghi, i ristoranti ed i pubblici esercizi (dal 4,9% al 2,8%).

Infine, una quota elevata di capitoli registra andamenti che nel corso dei dieci mesi considerati non sono univocamente collocati al di sopra o al di sotto della media cittadina. Si tratta, in particolare, dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche (dal 2,4% di gennaio allo 0,7% di ottobre), delle bevande analcoliche e dei tabacchi (dal 4,7% al 2,1%), dell’abbigliamento e delle calzature (2,2% in entrambi i mesi), dei trasporti (dallo 0,2% al 4%), dell’istruzione (dal 2% all’1,7%), del capitolo relativo alla ricreazione, spettacoli e cultura (dall’1,5% allo 0,2%) e di quello residuale degli altri beni e servizi (dall’1,3% al 2,9%).

Esaminando i dati relativi ai 20 capoluoghi di regione, dalla sintesi dei quali si ricava il dato sull’inflazione nazionale, si evidenziano le situazioni poste agli estremi della graduatoria predisposta sulla base dei tassi tendenziali dell’indice dei prezzi al consumo di operai ed impiegati.

Dai dati di ottobre emerge che, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, gli incrementi più elevati si sono registrati a Venezia (2,3%), Roma (2,2%) e Bologna (2,2%); gli aumenti più contenuti hanno interessato, invece, Bari (0,9%) e Perugia (1%).

f) Le nuove abitazioni e l’andamento del mercato immobiliare

Il bilancio per il 1998 dell’attività edilizia relativa alla costruzione di nuove abitazioni nel comune di Bologna risulta positivo con riferimento al numero di abitazioni progettate e di livello inferiore rispetto all’anno precedente per quanto riguarda, invece, le nuove abitazioni iniziate ed ultimate (vedi Tavola 33).

Nello scorso anno le abitazioni progettate e per le quali è stata rilasciata dal Comune una regolare concessione edilizia sono risultate pari a 479, con una crescita assai rilevante rispetto al minimo toccato nel 1997 (112 alloggi progettati).

Si evidenzia inoltre che nei primi otto mesi del 1999 è stato registrato un numero molto elevato di abitazioni progettate (oltre 930) anche a seguito dell’approvazione definitiva di numerosi piani particolareggiati.

Anche il confronto con gli anni precedenti testimonia la netta ripresa ed il posizionamento del 1998 su livelli appena al di sotto delle medie annue rilevate nei trienni 1990-1992 (612 abitazioni progettate) e 1993-1995 (696 abitazioni progettate).

Di segno negativo è risultato durante il 1998 l’andamento delle abitazioni iniziate, di quelle cioè per le quali è stato comunicato al Comune - da parte del titolare della concessione - l’inizio dei lavori.

Nello scorso anno sono stati avviati i lavori relativi a 218 abitazioni, un numero quindi inferiore a quello registrato nel 1997 (338 alloggi iniziati) e almeno in parte preventivabile se si tiene conto del basso livello delle progettazioni nel biennio precedente.

Le indicazioni desumibili dai dati relativi al periodo gennaio-agosto dell’anno in corso indicano una decisa impennata delle abitazioni iniziate. Nei primi otto mesi del 1999 sono stati avviati i lavori relativi ad oltre 1.100 alloggi; un numero cinque volte superiore a quello di tutte le abitazioni iniziate durante il 1998.

Occorre ricordare inoltre che in media fra il 1996 ed il 1998 sono state iniziate annualmente 483 abitazioni, un numero decisamente superiore a quello del periodo 1990-1992 (395 abitazioni iniziate), ma più contenuto - grazie ai brillanti risultati conseguiti nel 1995 - rispetto a quanto è stato iniziato nel triennio successivo (659 abitazioni).

Il 1998 registra, infine, una contrazione delle abitazioni ultimate. La comunicazione di conclusione dei lavori trasmessa al Comune dal titolare della concessione edilizia ha riguardato nello scorso anno 329 abitazioni contro le 755 dell’anno precedente. Tale tendenza prosegue anche fra gennaio ed agosto 1999, le abitazioni ultimate - pari a 151 unità - diminuiscono rispetto all’anno precedente del 12,5%.

Una collocazione più compiuta dei risultati conseguiti nel 1998 emerge più chiaramente operando un confronto di più ampio respiro. La comparazione con le medie annue dei trienni precedenti rende infatti evidente che la produzione edilizia del 1998 è superiore alla media del 1990-1992 (195 abitazioni ultimate) di quasi il 70% ed è praticamente dimezzata rispetto a quella del triennio successivo (700 abitazioni). Periodo quest’ultimo fortemente influenzato, peraltro, dal livello eccezionale delle abitazioni ultimate nel 1995 (oltre 1.000 unità). Nell’ultimo triennio, invece, sono state ultimate annualmente una media di 489 abitazioni.

Le ultimazioni di alloggi residenziali hanno riguardato nel 1998 (vedi Tavola 34) principalmente il quartiere Reno (99 nuove abitazioni), San Vitale (79) e Navile (52). Si rafforza quindi l’espansione del polo residenziale della zona nord della città e della zona Santa Viola (82 nuove abitazioni).

Dall’esame condotto su periodo più esteso emerge che il 43,5% dei 4.151 nuovi alloggi ultimati negli ultimi nove anni (1990-1998) si concentra in due sole zone della città: oltre 1.000 abitazioni sono state infatti costruite a Corticella (in particolare nelle zone Dozza e Croce Coperta) e circa 800 nella zona San Vitale (soprattutto nella zona di via Larga). Urbanizzazioni importanti sono state realizzate anche a Mazzini (412), Lame (403) e San Donato (356).

L’ultimo rapporto sull’andamento del mercato immobiliare elaborato dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma pone in evidenza che nel primo semestre 1999 "il mercato residenziale bolognese ha mostrato numerosi segnali positivi che si possono individuare sia in termini quantitativi, ovvero in un incremento dei prezzi di compravendita, che a livello qualitativo in relazione alla percezione che gli operatori traggono dal mercato delle abitazioni. In particolare si avverte un’offerta stabile che si affianca ad una domanda tendenzialmente in aumento, soprattutto nelle zone di pregio."

Dopo la fase di sostanziale equilibrio che ha contraddistinto il secondo semestre 1998, l’accelerazione delle compravendite si è manifestata in misura significativa nella prima parte del 1999. I prezzi hanno registrato un incremento semestrale medio del 6,4%. Il prezzo medio di area, indipendentemente da tipologia e localizzazione è, secondo le stime elaborate dall’Osservatorio di Nomisma, prossimo ai 3,25 milioni per metro quadrato, con un campo di variazione compreso fra gli 1,8 milioni di lire (prezzo medio minimo in periferia per le abitazioni da ristrutturare) e i 6,4 milioni (prezzo medio massimo per le abitazioni nuove o ristrutturate).

g) Il movimento turistico

Durante l’intero anno 1998 il turismo bolognese evidenzia una ripresa del movimento in città a fronte di una contrazione delle presenze nell’intera provincia (vedi Tavola 35). Il confronto con il 1997 mostra a Bologna un trend positivo sia degli arrivi, con una crescita del +3,2% (664.370 in totale; +20.592 turisti), che delle presenze pari a 1.319.378 (+1,7%; +22.390 pernottamenti).

Alla crescita concorrono sia i turisti italiani (+1,4% in termini di presenze) che gli stranieri (+2,3%); questi ultimi contribuiscono per il 34% ai pernottamenti alberghieri nella città. Le presenze straniere più rilevanti appaiono nell'ordine quelle di tedeschi, francesi, statunitensi, inglesi, spagnoli, svizzeri, giapponesi, olandesi, austriaci e greci.

Analizzando l'intera provincia, aumentano i turisti ma diminuiscono i giorni di permanenza. Gli arrivi risultano infatti 1.237.364 nel 1998 (+38.857 unità; +3,2%), mentre le presenze ammontano in complesso a 2.846.241 (-64.137 unità; -2,2%). In provincia di Bologna i turisti stranieri rappresentano il 25% delle presenze complessive.

Le attrezzature alberghiere dell’intera provincia sono composte nel 1998 da 347 esercizi dotati complessivamente di circa 11.000 camere e di oltre 20.600 letti. Nel comune di Bologna si trovano localizzati 76 esercizi (il 21,9% del totale provinciale) con poco più di 4.000 camere (il 36,5% del totale) e 7.400 letti (il 35,8% del totale).

Nel periodo gennaio-maggio 1999 il movimento turistico evidenzia una lieve flessione in città e qualche segnale di ripresa nell’intera provincia.

Il confronto con l’analogo periodo del 1998 mostra a Bologna una leggera diminuzione sia degli arrivi che ammontano complessivamente a 269.202 (-459 turisti; -0,2%), che delle presenze pari a 548.222 (-9.145 pernottamenti; -1,6%). Alla contrazione concorrono i turisti italiani (-0,8% in termini di presenze), e più marcatamente gli stranieri (-3,3%); questi ultimi tuttavia effettuano il 32% dei pernottamenti alberghieri nella città.

Analizzando l'intera provincia, gli arrivi risultano infatti nei primi cinque mesi del 1999 pari a 507.599 (+6.055 unità; +1,2%), mentre le presenze ammontano in complesso a 1.090.198 (+1.450 unità; +0,1%). In provincia di Bologna i turisti stranieri rappresentano il 25% delle presenze complessive.

h) L'Aeroporto

I dati sul traffico 1998 dell'Aeroporto G. Marconi di Bologna testimoniano, ancora una volta, l’ulteriore balzo in avanti registrato dallo scalo bolognese. In complesso, i passeggeri che, fra gennaio e dicembre 1998, hanno utilizzato l’aeroporto della nostra città (quasi 2,9 milioni) hanno superato di ben il 13,1% la consistenza raggiunta nell’anno precedente (vedi Tavola 36). La componente estera (prossima a 1,8 milioni) ha fatto registrare rispetto al 1997 una crescita del 17,3%. Più contenuto è risultato l’incremento dei passeggeri dei voli nazionali (pari a circa 1,1 milioni; +6,9% sull’anno precedente).

L’eccellente andamento del traffico è stato accompagnato anche dall’avvio di numerose opere, tra cui il prolungamento della pista di rullaggio, la costruzione del Terminal B e l’ampliamento del piazzale di sosta per l’aviazione d’affari.

Un andamento con ritmi superiori ha caratterizzato anche i primi otto mesi del 1999. Fra gennaio ed agosto il numero complessivo di passeggeri è stato prossimo a 2.260.000 (+17,5% rispetto allo stesso periodo del 1998), con una fortissima crescita della componente estera (+23,5%) ed un apprezzabile rafforzamento di quella interna (+7,5%).

i) La Fiera e il Palazzo della Cultura e dei Congressi

Il polo fieristico bolognese, ormai saldamente insediato al secondo posto (dopo Milano) della graduatoria delle fiere nazionali, ha raggiunto ottimi risultati anche nel 1998. I visitatori professionali hanno approssimato, infatti, nello scorso anno le 1.230.000 unità (vedi Tavola 37), con un leggero calo fra i visitatori provenienti dall’estero (115.000 unità) riconducibile alle crisi asiatica e russa. Le superfici vendute ammontano complessivamente a più di 837.000 metri quadrati (+3,1% sul 1997), mentre il numero di espositori italiani ed esteri ha oltrepassato le 20.000 unità (+5,7%). Rilevante è stato anche l’ammontare degli investimenti destinati, in prevalenza, alla costruzione del nuovo padiglione espositivo 19/20, inaugurato nel corso del 1998.

Seppure in lieve riduzione rispetto all’anno precedente, rimane di buon livello l’attività svolta nel 1998 dal Palazzo della Cultura e dei Congressi. Le manifestazioni che si sono svolte nel corso del 1998 hanno raggiunto quota 206 (6 in meno dell’anno precedente) con un numero di presenze prossimo alle 202.000 unità (quasi 20.000 presenze in meno rispetto al 1997; -8,9%). Il calo è interamente imputabile alle manifestazioni di carattere locale e regionale diminuite dalle 138 del 1997 alle 128 dello scorso anno. In lieve aumento sono risultate invece le manifestazioni internazionali (14; 2 in più del 1997) e quelle nazionali (64; 2 in più del 1997).

l) L’Interporto

I risultati conseguiti nel 1998 dall’Interporto di Bologna, nell’ambito del movimento ferroviario merci, evidenziano un aumento sia rispetto al 1997 (+14,7%) che al 1996 (+7,6%). Il movimento registrato fra gennaio e dicembre dello scorso anno è stato superiore a 1.670.000 tonnellate, con i comparti combinato e containers pari entrambi a circa 790.000 tonnellate e quello tradizionale attestato sulle 95.000 tonnellate (vedi Tavola 38).

I primi otto mesi dell’anno in corso, invece, sono caratterizzati da un calo del traffico ferroviario rispetto al corrispondente periodo del 1998. Nel periodo gennaio-agosto si è registrato un movimento prossimo a 970.000 tonnellate, con una riduzione significativa sia del comparto containers (-16,5%), sia del traffico combinato (-15%).

Le motivazioni di tale ridimensionamento sono riconducibili alla stagnazione produttiva che ha interessato l’industria bolognese nella prima parte dell’anno ed alla conseguente riduzione della domanda anche in considerazione di una modesta competitività delle tariffe del trasporto combinato. Occorre poi ricordare che su scala nazionale, analogamente a quanto si sta verificando in gran parte dell’Europa, continua a ridursi la quota-parte del trasporto effettuato su rotaia.