Nell'agosto di quest'anno ricorreva l'80mo anniversario delle ultime
durissime battaglie combattute nel 1922, tra gli antifascisti e le formazioni
fasciste all'assalto delle ultime roccaforti "rosse", da Bari a Parma dove
gli squadristi capeggiati da Italo Balbo subirono la più grave sconfitta
ad opera delle barricate erette nei borghi proletari e degli Arditi del
Popolo, la prima organizzazione armata che tentò di difendere le
sedi operaie e le libertà sociali dalla violenza fascista e delle
forze dell'ordine.
Qualche testata della sinistra si è ricordata di questo anniversario
ma, ancora una volta, tale associazione antifascista militante è
rimasta nell'ombra, mentre nelle iniziative ufficiali si è tentato
di presentarla come un movimento democratico, rimuovendone le ancora oggi
scomode radici sovversive.
Se fino a pochi anni fa per sapere qualcosa attorno all'esperienza
degli Arditi del Popolo, occorreva andare a cercare tra le pagine di alcuni
saggi più generali, quali "Proletari senza rivoluzione" di Del Carria
o "Storia del Partito comunista" dello Spriano, oppure rifarsi al fondamentale
ma poco conosciuto testo di F. Cordova "Arditi e legionari dannunziani",
dal 1994 ad oggi erano state già pubblicate ben tre ricerche (I.
Fuschini, "Gli Arditi del popolo", ed. Longo; M. Rossi, "Arditi, non gendarmi!
Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo", ed. BFS; E. Francescangeli,
"Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista",
ed. Odradek) che con impegno hanno cercato - difficile dire con quali risultati
- di far irrompere gli Arditi del Popolo, dopo decenni di oblio e rimozione,
nel dibattito storico contemporaneo, da un lato prigioniero di visioni
storico-politiche blindate "di sinistra" e dall'altro infestato dal cosiddetto
revisionismo storico "di destra".
Tentativo arduo ma non del tutto privo di frutti, dato che oltre alle
decine di conferenze-presentazioni-dibattiti in cui per mezza penisola
si è tornati a parlare e discutere su tale pagina di storia, va
menzionata la festa delle barricate che ogni anno si tiene a Parma ed il
fatto che lo scrittore Pino Cacucci (prima di lui c'era già stato
A. Bevilacqua con "Il viaggio misterioso") si è ispirato alle vicende
legate agli Arditi del Popolo inserendo la figura di Argo Secondari, il
loro fondatore, nel suo "Ribelli!".
L'ultimo, rilevante, contributo in tal senso è la ricerca "Gli
Arditi del Popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze
fasciste" di Luigi Balsamini, edita da Galzerano.
Il libro nato sulla base della tesi universitaria di Luigi ha approfondito,
collegandosi e riprendendo quanto era stato in precedenza scritto, taluni
aspetti dell'arditismo sovversivo ed ha aperto ulteriori prospettive d'interpretazione
storica.
In particolare, nel lavoro di Luigi, è da segnalare l'importanza
data alla ricostruzione degli antecedenti bellici, fondamentali per comprendere
non solo lo scenario storico ma anche i risvolti culturali e persino psicologici
del percorso politico dell'arditismo, sorprendente per certi aspetti ma
pure analogo alle dinamiche che videro protagonisti i reduci della Prima
Guerra Mondiale in tutti i paesi coinvolti nell'immane conflitto.
Ruolo centrale di tale aspetto fu quello giocato dall'estetica della
morte e, come ben sottolineato da Luigi, "questa componente mistico-mortuaria
si ritroverà sotto molti aspetti in quella che è stata definita
la liturgia dello squadrismo fascista, fatta anch'essa di riti, culto dei
martiri, simboli, ed ugualmente dominata dall'immagine della morte", mentre
negli Arditi del Popolo tale simbologia tenderà - pur senza essere
mai del tutto rimossa (basti pensare al simbolo del teschio) - a contaminarsi
con quelle del movimento operaio e delle sue componenti più radicali
- comuniste e anarchiche -, assumendo nuove e meno funeree valenze.
Inoltre Luigi ha voluto, assai opportunamente, soffermarsi sui diversi
atteggiamenti assunti dagli anarchici nei confronti della lotta antifascista
e degli Arditi del Popolo, soprattutto in relazione alle diverse tendenze
esistenti in seno all'anarchismo; tale questione meriterebbe peraltro ulteriori
approfondimenti, dato che basta conoscere un po' di biografie dei militanti
libertari di tale periodo per rendersi conto quanto sia articolato il ventaglio
delle posizioni, pur se comunque tutte all'interno della comune rivendicazione
all'autodifesa anche violenta nei confronti dello squadrismo e della libertà
di organizzarsi anche per gli Arditi del Popolo. Non solo infatti ci furono
anarchici che guardarono con diffidenza gli Arditi del Popolo per il carattere
paramilitare della loro associazione, ma ci furono anche, e non certo pochi,
anarchici individualisti che invece ne vennero attirati dal ribellismo
e dall'azione diretta che questi praticavano "colpo su colpo" ma anche
per le comuni passate consonanze interventiste e fiumane. Di contro, pur
se l'Unione Anarchica Italiana fu l'organizzazione rivoluzionaria che con
maggiore coerenza appoggiò e difese gli Arditi del Popolo, anche
attraverso le pagine di Umanità Nova, numerosi suoi militanti comunisti-anarchici
non vi aderirono per il carattere autoritario e interclassista assunto
in talune situazioni da tale associazione.
Un libro in sintesi che, aprendo ulteriori ambiti di ricerca e dibattito,
approfondisce e stimola la conoscenza di tale pagina di storia sociale
che nessuno è riuscito ancora a pacificare.
da "Umanità Nova" n. 29 del 15 settembre 2002