Il quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia ci ha consegnato
uno spaccato della gioventù, diverso da quello dei decenni precedenti,
segnato dai cambiamenti strutturali che hanno investito il mercato del
lavoro, la produzione, la società, la politica e il sistema internazionale
a partire dalla fine dei regimi a Democrazia Popolare (1989 crollo del
muro di Berlino) e dell’URSS nel 1991. Il primo dato che emerge e colpisce
è il prolungamento dell’età entro la quale si è considerati
giovani: dai 15 ai 24 anni negli anni Ottanta, fino ai 29 anni degli anni
Novanta, fino a 34 nel 2000. Un prolungamento non arbitrariamente scelto
dai ricercatori, ma segnalato dagli indicatori usati per stabilire il passaggio
alla fascia degli adulti: uscita definitiva dalla casa dei genitori, creazione
di una nuova famiglia e nascita del primo figlio. I giovani invecchiano
rimanendo giovani perché incontrano notevoli difficoltà a
diventare adulti: si è prolungata l’età scolare, la difficoltà
a trovare alloggio rende difficoltosa l’uscita di casa, la precarizzazione
del lavoro, i vari contratti atipici, a tempo determinato, le flessibilità
in tutte le loro varianti, non assicurano redditi tali e sicuri nel tempo
da permettere di costruire una famiglia, fare figli, oppure, semplicemente,
di progettare una vita propria e autonoma. Strutturalmente il futuro appare
indeterminato e non a caso l’indagine segnala come la maggioranza dei giovani
esprime principalmente una tensione tutta consumata a vivere il presente
dell’esistenza unita a una difficoltà a prefigurare i percorsi del
divenire.
A questi giovani la società, con le sue nuove regole o deregulation
chiede di essere sempre disponibili a modificarsi, a ridefinire competenze,
appartenenze, a cambiare lavoro e luogo di lavoro, vivere cioè in
un mondo che esalta l’instabilità e la discontinuità (lavorativa,
relazionale, affettiva); chiede loro di vivere “una situazione in cui il
rischio è dimensione del quotidiano, in cui non è chiaro
quale scelta sia garantita, quali percorsi di vita siano più opportuni”.
Ne consegue che i giovani sono immersi in una realtà che porta i
segni della precarietà, della discontinuità, della frammentazione,
dell’impossibilità di elaborare obiettivi a lungo termine. Il lavoro,
ad esempio, è considerato dai giovani uno dei valori più
importanti, allo stesso livello dell’amore e dell’amicizia e nettamente
superiore ad altri quali la solidarietà e l’eguaglianza.
Non hanno eccessive difficoltà a trovare un lavoro quanto a
mantenerlo, il tasso di cambiamento del lavoro è di otto volte superiore
a quello delle classi adulte, la retribuzione non è ritenuta soddisfacente
e la disuguaglianza retributiva e in crescita. La permanenza nella famiglia
dei genitori, l’indagine, parla di “famiglia lunga”, è dovuta
ad una percezione diversa della famiglia che è andata affermandosi:
essa supplisce alle mancanze dello Stato e del mercato del lavoro, fornisce
appoggio affettivo e psicologico, concede, sempre più rispetto a
quella di venti o trenta anni fa, ampia libertà e autonomia ai figli
senza pretendere in cambio collaborazione domestica assidua e continua.
Ampia autonomia soprattutto in campo sessuale, nel cui ambito va affermandosi
una sessualità sempre più sganciata dal riferimento procreativo
e dall’ambito della coppia coniugale. Per quanto riguarda la politica,
questa indagine raccoglie il dato più alto di disgusto per la politica
nell’ultimo ventennio. Nel 1983 i disinteressati alla politica erano il
23%, nel 1987 il 27%, nel 1992 il 35,9, nel 1996 il 43,1%, nel 2000 il
44,6%. Nel 2001 alla domanda “Quando pensa alla politica cosa le viene
in mente?” il 47% rispondeva: “disgusto, diffidenza, rabbia”, il 25% “indifferenza,
noia” e solo il 15% “interesse, impegno, passione”, mentre il restante
13% rispondeva “non so”. Inoltre, tra i giovani emerge l’obsolescenza degli
schieramenti bopolari costituiti dall’architettura elettorale, fondati
sui concetti di centro-destra e centro-sinistra. Solo il 49,9%, contro
il 57% di quattro anni prima, esprime una preferenza elettorale, gli altri
che non prendono parte al gioco bipolare, non sono certo uniti nelle motivazioni
e nelle critiche e nemmeno caratterizzati da una moralità più
alta rispetto a quella dei politicizzati, semplicemente avvertono che a
quel livello di dialettica, la contrapposizione tra centro destra e centro
sinistra sta loro stretta, è incapace di rappresentarli compitamente.
Tra quelli che esprimono preferenze elettorali si segnala un rafforzamento
delle preferenze per i partiti del centro destra: Forza Italia e, soprattutto
Alleanza Nazionale, indebolimento dei consensi alla Lega Nord, scarso consenso
ai partiti di ispirazione cattolica, stazionario quello della sinistra,
con una propensione, anche in questo schieramento per “l’estremo”, cioè
Rifondazione Comunista. Nell’insieme si misura una differenza di otto punti
tra centro sinistra e centro destra a vantaggio di quest’ultimo schieramento
(42,7% contro il 50,9%).
I giovani si rivelano dei grandi consumatori di musica. Accompagnamenti
e attraversamenti sonori costellano, in vari momenti, la giornata dei giovani
quasi nella loro totalità. A partire dall’adolescenza “la musica
acquista rilevanza sul piano del vissuto e delle dinamiche costitutive
e comunicative dei gruppi dei pari”, costituendo “stratificazioni, segmentazioni
di trame sonore” che delineano “una sorta di romanzo musicale di formazione”,
come scrive nel testo la compianta Maria Teresa Torti.
Il consumo di stupefacenti continua ad interessare il pubblico giovanile
con un’evoluzione significativa dei gusti e delle motivazioni. La droga
leggera rappresentava, agli inizi degli anni Settanta, un elemento di aggregazione
e di coesione dei gruppi giovanile, che intendevano intraprendere un’ampia
rielaborazione critica nei riguardi di una società che si voleva
e si pensava di poter cambiare. Ed era proprio rispetto a questa funzione
liberatoria, innovativa e di convivialità del consumo di droga che
una seconda fase di diffusione, a partire dal 1974-75, segnava un sostanziale
ribaltamento delle motivazioni e dei modelli di comportamento dei giovani.
Arrivava l’eroina, la droga pesante che soppiantava quella leggera. Il
rapporto con la droga cambiava di segno: non era più funzione di
innovazione sociale, ma diventava strumento di ripiegamento dei giovani
su se stessi e quindi di chiusura nei confronti della società. In
generale la progressione e la propensione all’uso di sostanze stupefacenti
conosceva un aumento costante negli anni che vanno dal 1983 al 2000. Quelli
che dichiaravano di aver parlato con qualcuno che aveva fatto uso di droga
erano il 54,8% nel 1983 e il 69% nel 2000, quelli che conoscevano persone
che facevano uso di droghe salivano dal 39,3% al 68,8%, quelli che avevano
visto qualcuno che stava facendo uso di droghe erano il 44,7% e poi
il 55,4%, quelli ai quali era stata offerta la droga passavano dal 21,1%
al 46,1%, quelli che avevano sentito il desiderio di provare una droga
salivano dal 7,8 al 18, 2%.
Dal fumo dall’acido, che nella mitologia rock degli anni Sessanta e
Settanta sembravano indispensabili ad una presa di coscienza, ad un viaggio
introspettivo dentro se stessi, si passa a droghe “assunte per eccitarsi
fisicamente, per essere estroversi, per agire e non, come si voleva prima,
per pensare” se stessi e indagare il proprio io. Prevalgono quelle droghe
dette da prestazione, capaci cioè di aumentare la resistenza del
corpo nell’eccesso esagerato del vivere che si lega, come è stato
notato, alla centralità che assume, tra i giovani degli anni Novanta,
il culto del bello, della prestazione corporea unita al desiderio di metamorfosi
e di trasgressione. Effettivamente nell’ultimo decennio è avvenuta
una sorta di colonizzazione della notte, che per i giovani protagonisti
di questa impresa o conquista, assume il significato di presa di spazi
di libertà, quelli della notte, appunto “dove gli individui possono
temporaneamente svestirsi dei ruoli sociali per indossare gli abiti dell’evasione
e le sembianze del gioco”. Le ragioni della conquista della notte sono
date, principalmente, dal bisogno di frequentare le discoteche; tuttavia
questa non è l’unica ragione che spinge i giovani a uscire la sera,
fra le pratiche del trascorre il tempo libero si possono elencare nell’ordine:
l’andare in giro con amici, frequentare bar, pub e birrerie, ritrovarsi
con amici in casa propria o d’altri, frequentare palestre e praticare sport,
andare in pizzeria, andare al cinema.
Diego Giachetti